martedì 24 aprile 2018

SULLE ORIGINI DEL LINGUAGGIO (secondo me) - PRIMA PARTE

Treccani, l’enciclopedia on line, definisce la linguistica come scienza del linguaggio. Per Wikipedia, che si affida alla linguista americana Carol Genetti, la linguistica è la disciplina scientifica che studia il linguaggio umano. Poiché la linguistica, a parer mio non è in grado di effettuare predizioni, userei  il termine scienza con grande prudenza pur non esitando a inserirla tra le cosiddette Scienze umane



Tuttavia, non v’è dubbio che tale disciplina utilizzi anche metodi e strumenti prettamente scientifici, anche sperimentali, nell’analisi delle lingue e nello studio del linguaggio. Basti pensare al pionieristico approccio cibernetico (la cibernetica della mente) adottato da Silvio Ceccato (Silvio Ceccato. Cibernetica per tutti. Feltrinelli, 1968) assieme a molti altri, tra cui Ernst von Glasersfeld, Vittorio Somenzi, Renzo Beltrame, Giuseppe Vaccarino (per una approfondita e alquanto articolata discettazione sull’argomento vedi: Felice Accame. Il linguaggio come capro espiatorio dell’insipienza metodologica. Odradek, 2015). Molti altri, in tempi più recenti, hanno adottato strumenti scientifici e sperimentali per comprendere l’origine e le basi neurobiologiche del linguaggio (vedi per esempio: Andrea Moro. Lingue impossibili. Raffaello Cortina, 2017).
Questa lunga premessa, in cui esplicito come la scienza flirti spesso e volentieri con la linguistica, mi fornisce la giustificazione formale necessaria per poter parlare del linguaggio in questo blog. Non essendo un professionista della materia, quelle che esprimo sono pure opinioni personali di un dilettante e come tali vanno prese.

A queste opinioni personali dedico due post. Il primo (questo) è una riflessione di tipo analogico nella quale cerco le origini del linguaggio in quella sorta di sintassi naturale (sintassi è parola di origine greca che significa "associazione”, “ordinamento) che consente all’uomo (ma anche a molti animali) di mettere ordine in tutto ciò che – del mondo esterno o di quello interiore – giunge al livello della coscienza attraverso le esperienze sensoriali e si trasforma, per esempio, in progetto, intenzione, azione. 
Il post successivo cercherà una dimostrazione fattuale delle opinioni espresse in questo primo post attraverso qualche riflessione a proposito del primo utensile mai costruito dall’uomo: l’amigdala (pietra scolpita, chopper, selce scheggiata).
Il primo post è già stato pubblicato all’interno di un gruppo chiuso di Facebook dedicato al pensiero complesso (AIEMS - Associazione Italiana di Epistemologia e Metodologia Sistemiche). Poiché molti amici che mi seguono su DOVEOSANOLEGALLINE non frequenta Facebook, riproduco qui di seguito il post in oggetto. Il post sull’amigdala verrà pubblicato tra una settimana circa.


SINTASSI E RAGIONAMENTO INTUITIVO (pubblicazione originale al LINK)

A metà dell’Ottocento s’era discusso così a lungo, e in modo tanto vano, dell’origine del linguaggio che, nel 1866, la Società di Linguistica di Parigi aveva vietato in modo assoluto ai propri soci di discutere ulteriormente della questione. Tuttavia non abbiamo desistito e siamo ancora qui a farlo, con mille bellissime ipotesi e ben poche certezze.
Qui e ora, ne discuto da profano perché non ho competenze in nessuno dei settori teoricamente implicati nella questione. Vorrei solamente, in questa sede, porre l’ipotesi che il linguaggio, nella sua doppia funzione comunicativa e cognitiva, sia legata in qualche modo a tutte le nostre funzioni sensitive, in particolare la vista, considerata anch’essa nella sua doppia natura percettiva e cognitiva.
Partirei dal concetto di ragionamento intuitivo”, quello che si fa senza necessariamente utilizzare il linguaggio. Gli umani che perdono le funzioni linguistiche per colpa di ictus, non cessano di pensare. Gli animali, che sono privi di linguaggio e di tutte le sue proprietà simboliche e semantiche, a loro modo pensano: vedono, ricordano, mettono in relazione scene visive e sensazioni, pianificano azioni, le eseguono, ne valutano i risultati arricchendo l’archivio di esperienze da utilizzare in occasioni successive. Tutto ciò senza bisogno di parole. Gli animali, probabilmente, non sono in grado di gestire molti concetti astratti ma di alcuni, strettamente legati alla fisicità e alla corporeità, hanno certamente coscienza. Tra questi, la paura o alcune forme di gioia (pensiamo per esempio a un cane che gioca).
Detto ciò, ecco il mio pensiero. Nel ragionamento intuitivo noi pensiamo per immagini mentali corrispondenti alle percezioni sensoriali e alle sensazioni emotive accumulate con l’esperienza. Le percezioni sensoriali derivate dai nostri cinque sensi (e quelle emotive di origine interna) entrano in archivi specifici localizzati in diverse aree cerebrali, tutte altamente interconnesse a formare un unico data-base di esperienze. Di volta in volta, a ciascuno di questi elementi stoccati in archivio, a ciascuna di queste immagini mentali, possiamo attribuire (come fanno anche gli animali) funzioni indicali, oppure funzioni strettamente simboliche: quest’ultima prerogativa pare essere esclusiva della specie umana. Col ragionamento intuitivo, attingendo alla memoria organizziamo le immagini mentali in pensiero. Dette immagini possono essere allineate in sequenze lineari, oppure su diversi piani temporali, e in modo altamente ricorsivo. Per organizzare tali immagini usiamo anche grammatiche e sintassi perché il significato delle sequenze mentali dipende - almeno in parte - da come i singoli elementi vengono disposti nella sequenza e da come si correlano tra loro. Questa è, in parole molto povere, l’idea generale di pensiero per immagini mentali. 



Descritto il pensiero intuitivo in questo modo, le analogie col linguaggio sono evidenti. La semantica, la pragmatica, l’inferenza, e altre proprietà sono già contenute in questa idea di processo mentale. L’integrazione tra il tutto, affinché questo costituisca un sistema funzionale altamente efficiente, è dato dalla connettività tra i diversi archivi. Questa connettività è assicurata dai cosiddetti fasci connettivi che compiono miracoli, là nella nostra scatola nera, incluso il miracolo della coscienza. In certi casi, una connettività “esuberante” può portare a quegli affascinanti fenomeni di sinestesia, dove i vari sensi si mescolano: i suoni evocano colori, i colori evocando sapori, questi evocano sensazioni tattili e così via. Nell’uomo – come sia avvenuto non si sa (e forse non ha molta importanza saperlo) – là dove esistevano solamente associazioni tra immagini mentali, azioni, situazioni, sensazioni, ecc., a tutto ciò alcune aree del cervello hanno associato suoni (versi, fischi, mugolii e, infine, parole). Le parole sono diventate il veicolo di significati concreti, astratti, indicali, simbolici, metaforici, ecc.: ecco il linguaggio. Una volta nato, questo si è evoluto consentendo lo sviluppo della più straordinaria capacità comunicativa presente sul nostro pianeta, e l’uso cognitivo che ne sappiamo fare ci ha trasformati in una specie sapiente. E così l’uomo è stato dotato di uno strumento che gli consente di filosofeggiare. Il mio cane non ne è capace … ma il mio gatto, a volte, sembra saperlo fare benissimo.
   


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