mercoledì 11 dicembre 2019

LA STRANA E MISTERIOSA NATURA DEL NUMERO


In tutte le civiltà i numeri sono stati parte integrante della vita, dell’azione, della storia e della civilizzazione dell’uomo. Essi sono sempre con noi, alla stregua di oggetti naturali da cogliere e utilizzare a piacimento. Tale e tanta è la consuetudine che abbiamo con essi e la dimestichezza con cui li maneggiamo che nemmeno ci viene in mente di interrogarci sulla loro natura, o sulla loro reale esistenza.   

Nella storia dell’uomo troviamo i primi numeri scritti nelle tavolette d’argilla babilonesi. Molte di queste registravano compravendite, transazioni, gestioni di magazzino per lo stoccaggio del grano o del vino, registrazioni dei compensi per gli operai. Un uso pratico, dunque. Ma l’uso pratico del numero è cosa ben più antica. Ne hanno certamente fatto buon uso anche i popoli delle caverne antecedenti a qualunque genere di scrittura. Non è difficile immaginare un cavernicolo che informa la moglie di avere catturato “due” conigli o nell'atto di minacciare un figlio recalcitrante di dargli “quattro” scoppole.

Ma nelle tavolette babilonesi scritte in caratteri cuneiformi troviamo già molto di più. Vi si trova la matematica già in forma quasi astratta. Famosa è la tavoletta chiamata Plimpton 322 (dalla collezione Plimpton della Columbia University), risalente a circa duemila anni prima dell’era cristiana. Vi è incisa una tabella di numeri (4 colonne per 15 righe), riportante una lista di soluzioni del teorema di Pitagora.
Tavoletta babilonese detta Plimpton 322
I numeri, dunque, esistono da sempre nel senso che da sempre l’uomo li usa. E non solo l’uomo! Si sa per certo che molti animali sono capaci di distingue differenze di numero tra insiemi (per esempio frutti) di poche unità, da due a cinque o incerti casi fino a nove. Ciò farebbe pensare che i numeri sono qualcosa che esiste in natura. Se non ci concentriamo molto sulla faccenda ci viene spontaneo ammettere che i numeri siano un fatto naturale ma se ci ragioniamo un po’ meglio qualche dubbio potrebbe anche venirci.

I numeri, dunque, esistono davvero in natura o sono una invenzione dei cervelli come quello dell’uomo e di qualche altro animale?

Sulla questione Galileo sembrava non avere dubbi: L’universo non si può intendere se prima non s’impara a conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche (Il Saggiatore, 1623). D’altra parte Galileo era uno scienziato, e lo scienziato, si sa, deve misurare, soppesare, confrontare, e i numeri servono proprio a questo: sono un modo per descrivere qualcosa.

Ma i numeri sono qualcosa di reale, nel senso che esistono in natura, o sono strumenti ideati per descrivere, comprendere, progettare, eseguire? A sentire Galileo i numeri esistono in natura, ne sono una componente strutturale e la natura può essere compresa solo attraverso essi. Per Platone, al contrario, i numeri esistono nel mondo delle idee, quello stesso mondo che Karl Popper indicava col nome di mondo 3: il mondo dei “contenuti oggettivi di pensiero”, specialmente dei pensieri scientifici, di quelli poetici e delle opere d'arte. A questo mondo delle idee, però, appartengono anche “oggetti” (come la poesia e l’opera d’arte) non pienamente comprensibili e descrivibili, oggetti che l’insigne matematico Roger Penrose indica con l’attributo molto chiaro di “misteri”.   

Vi sono dei numeri il cui statuto ontologico è talmente chiaro che sembrano esistere davvero. 0 e 1 appartengono a questa categoria. Rappresentano il nulla e l’unità, il non essere contrapposto all'essere nella sua immagine essenziale e unitaria. Zero e uno sono anche il fondamento della descrizione digitale del mondo. Calcolatori, smartphone, computer, immagini e trasmissioni digitali: tutto ciò che viene descritto del mondo con l’ausilio degli strumenti digitali e dell’intelligenza artificiale è composto da stringhe costituite unicamente dai numeri 0 e 1. Questi due numeri che richiamano la distinzione parmenidea di due mondi contrapposti (l’esistenza e la non esistenza) nella loro estrema semplicità sembrano descrivere l’intero universo e se non fossero costituenti strutturali della natura, lo sono diventati, creati dalla mente umana. A livello simbolico queste due cifre rappresentano tutti gli opposti che la mente umana è in grado di immaginare: l’esistenza e la non esistenza, la destra e la sinistra, il maschio e la femmina, la luce e le tenebre, il giusto e l’ingiusto, il male e il bene: si va quindi dalla descrizione pura e semplice del mondo alla sua rappresentazione etica ed estetica.

Ma vi sono altri numeri il cui statuto ontologico è più complicato da comprendere. Uno di questi è il famosissimo Pi greco (p), la costante matematica che definisce il rapporto tra la circonferenza e il diametro del cerchio. Ma qui la situazione si fa ancora più complicata. Per prima cosa, infatti, il p  non può essere calcolato per intero (le cifre che lo compongono sono probabilmente infinite). Inoltre, anche quando si parla di “cerchio”, “diametro” e “circonferenza” si fa riferimento a forme ideali o idealizzate di oggetti naturali. 

Si è accennato ai numeri anche per la loro capacità di rappresentare contenuti estetici o di trasformarsi essi stessi in contenuti estetici. Personalmente amo particolarmente i numeri primi (1, 3, 5, 7, 13, 17 …) e credo che il loro fascino sia quello dell’indivisibilità, che fornisce loro una corazza insondabile. E che dire della Successione di Fibonacci, ove ogni cifra corrisponde alla somma delle due cifre precedenti? Non ha un che di seducente?

Successione di Fibonacci
E che dire della rappresentazione grafica di questa successione, che ricorda e descrive molte strutture presenti in natura. Non ha un che di meraviglioso?

 
Trasposizione grafica della Successione di Fibonacci e la spirale di una chiocciola

Ma i matematici, che vedono nei numeri molto più di noi esseri umani normali, trovano “il bello” in formule più complesse, dove numeri e lettere rappresentano costanti e funzioni. Per loro, le formule in assoluto più belle (nella loro essenzialità e nella loro potenza descrittiva) sono la formula di Einstein riguardante la relatività ristretta

E = mc²

e la cosiddetta Identità di Eulero

e+1=0

La mia mente fatica a vedere questa bellezza, ma mi devo fidare di chi sa leggere i numeri in maniera più profonda di me.

Non credo che i numeri esistano in natura e non credo, come affermava Galileo, che l’universo sia scritto in lingua matematica. Essi esistono però come simboli nel mondo delle idee. Nati come strumenti al servizio della praticità, sono presto diventati simboli di altre idee, metafore, categorie etiche ed estetiche, fino a diventare forme poetiche e artistiche.