lunedì 29 febbraio 2016

STARBUCKS E GLI ALTRI: TROPPO ZUCCHERO FA MALE

Leggo, sul Corriere della Sera del 29 febbraio, un’intervista con Howard Schultz, presidente della catena americana di ristorazione Starbucks:  Il mio caffè conquisterà anche l’Italia. Pronti a investire milioni di dollari e creare posti di lavoro.
Non so se inserire questa dichiarazione nella categoria delle buone notizie o in quella delle cattive (il mio naso mi farebbe propendere per la seconda). 


Il fatto è che una decina di giorni fa avevo letto sulla rivista inglese The Canary un articolo intitolato La vostra bevanda Starbucks mattutina può contenere 25 cucchiaini di zucchero. Leggere la notizia e fare un salto sulla sedia è stato tutt’uno perché 25 cucchiaini corrispondono a 99 grammi di zucchero, grammo più grammo meno (il che equivale a 348 calorie, come un bel piatto di pasta). Il salto sulla sedia l’aveva fatto anche Matteo Persivale il quale, proprio sulle colonne del Corriere della Sera aveva pubblicato in quei giorni un articolo (che mi era sfuggito) intitolato proprio Una bevanda alla frutta da Starbucks? Contiene 25 cucchiaini di zucchero. 

La bevanda incriminata si chiama Hot Mulled Fruit ed è una specie di punch aromatizzato alla cannella e guarnito con fettine d’arancio.
“Addolcire la vita (e le bevande)”, pensavo, “farà parte di una strategia segreta per attirare e fidelizzare i clienti”. Mi sbagliavo: non si tratta di una strategia segreta. Molto correttamente, infatti, Starbucks dichiara, nero su bianco, le quantità di zucchero, carboidrati, grassi e calorie contenuti nei prodotti da banco in vendita. Questo elenco si chiama Starbucks Beverage Nutrition Information ed è direttamente consultabile online. Niente di segreto, quindi. Segreto no, ma allucinante si.
Hot Mulled Fruit - Starbucks

domenica 21 febbraio 2016

LE NUOVE FRONTIERE DELLA MEDICINA: IL DIVARIO TRA REALTA' E NOTIZIA

L'ultimo post pubblicato su questo blog si intitolava "LE FRONTIERE DELLA MEDICINA"

Si parlava della realizzazione di una nuova tecnologia che consente di confermare (o di escludere) la presenza di un tumore attraverso il DNA eventualmente rilasciato dalle cellule malate nei fluidi del corpo, in particolare nella saliva o nel sangue. La grande novità introdotta da questo test è quella di offrire un mezzo diagnostico alternativo alla vera e propria biopsia. Per questo motivo la nuova tecnica è stata chiamata biopsia liquida.


La notizia originale è stata data da una delle più prestigiose istituzioni dedicate allo sviluppo e alla diffusione delle scienze: l’AAAS (American Association for the Advancement of Science). In una nota del 13 febbraio si leggeva "Saliva Tests for Cancer Move Closer to Clinical Use". In italiano il comunicato suonerebbe più o meno così: Un Test sul Cancro Effettuabile sulla Saliva si avvia verso l’applicazione clinica. Il direttore di uno dei dipartimenti di chirurgia oncologica dell’Università della California, il Prof. David Wong, descriveva il prototipo del sistema diagnostico il cui utilizzo sperimentale è limitato, al momento, alla diagnosi di un certo tipo di tumore polmonare. Tra gli enormi vantaggi del test, quello di fornire risultati in tempi molto brevi, addirittura in soli dieci minuti. Sinceramente, avendo qualche esperienza in fatto di test molecolari, io farei una certa tara su questa rapidità di esecuzione che non è, comunque, la virtù maggiore della nuova tecnologia.
Da come viene descritta, questa metodologia è molto importante. La possibilità, se confermata, di ottenere - a basso costo e in tempi rapidi - risultati uguali o migliori rispetto alla biopsia, senza però incorrere in alcuni degli aspetti negativi ad essa associati (intervento, costi, tempi di risposta, falsi negativi e altre complicazioni), è una prospettiva davvero interessante.
L’aspetto eclatante e qualificante della tecnologia proposta è proprio questo: sostituire – dopo il riscontro di una formazione sospetta – la biopsia fisica con la biopsia liquida ed ottenere a basso costo e rapidamente le risposte ai quesiti diagnostici. Questo è già molto. Punto.

MA È PROPRIO QUESTO IL MESSAGGIO CHE LA STAMPA DI TUTTO IL MONDO HA MESSO IN PRIMA PAGINA? È PROPRIO QUESTO IL MESSAGGIO ARRIVATO ALLE PERSONE COMUNI?

Certamente no.

Da www.linkedIn.com
https://media.licdn.com/mpr/mpr/shrinknp_800_800/p/3/005/08d/33b/144264c.jpg

mercoledì 17 febbraio 2016

LE FRONTIERE DELLA MEDICINA

Un articolo pubblicato sul Corriere della Sera ci fa di nuovo riflettere su come i progressi e i nuovi saperi della medicina contengano anche il rischio di fraintendimenti e di inappropriate aspettative. La notizia che ha fatto il giro del mondo riguarda la cosiddetta “biopsia liquida”. La dizione “biopsia liquida” si riferisce a metodi di diagnosi tumorale basata sul dosaggio di alcuni marcatori.  

I cosiddetti marcatori tumorali sono molecole appartenenti alle cellule tumorali. Alcuni marcatori sono specifici per un certo tipo di tumore, altri marcatori sono più generici e non identificano un particolare tipo di tumore. Tra questi marcatori ci sono anche frammenti di DNA derivati delle cellule tumorali. Quando si scopre una formazione sospetta (per esempio dopo una radiografia o dopo un’ecografia) la diagnosi di certezza per la presenza di un tumore o la precisa caratterizzazione del tipo di tumore può richiede l’effettuazione di una biopsia, un prelievo fisico – per via chirurgica o per aspirazione attraverso un ago – di un pezzetto di tumore da sottoporre ad analisi di laboratorio. La biopsia non è cosa piacevole. Ha le caratteristiche di un intervento; richiede tempo per essere effettuata; richiede tempo per conoscere i risultati delle analisi di laboratorio; può non fornire tutte le informazioni richieste; può essere causa di complicazioni. L’articolo che è rimbalzato su tutti i giornali del mondo riguarda la possibilità di determinare nella saliva (oppure nel sangue o nel plasma) frammenti di DNA fuoriusciti dalle cellule tumorali. Se questo tipo di determinazione – che prende il nome di biopsia liquida – fosse più efficace della biopsia convenzionale, sarebbe davvero una bella notizia. La notizia riportata dall’articolo in questione è che è stato messo a punto un metodo per la determinazione di alcuni frammenti di DNA tumorali specifici su campioni di saliva. Oltre a non essere invasivo, un test del genere sarebbe molto meno costoso e molto più rapido delle biopsie convenzionali. Questa è senza ombra di dubbio una notizia buona e promettente. Su Corriere.it la notizia si intitolava Test sulla saliva per svelare il tumore; strumento per la diagnosi precoce e si riagganciava direttamente a un progetto dal titolo Saliva Tests for Cancer Move Closer to Clinical Use (un test sul cancro da effettuare sulla saliva muove i suoi passi verso l’utilizzo clinico) comunicato alla prestigiosa Association for the Advancement of Science dal Prof. David Wong (Università della California). Poter effettuare un esame diagnostico indolore, più semplice, più veloce, più sicuro e meno costoso di una biopsia vera e propria è un grande passo in avanti. 
Accanto al lato positivo, ci sono anche gli inevitabili risvolti negativi ed entusiasmi che vanno governati. Sul Corriere si afferma esplicitamente: “ … a frenare i possibili entusiasmi sono gli stessi autori del progetto…”.    
DNA. Immagine tratta da: http://www.bergamopost.it/

martedì 9 febbraio 2016

SULLA NATURA DELL’UOMO – RIFLESSIONI MATERIALISTE


L'uomo, che cos’è? e io, che cosa sono? 

Pretesa eccessiva quella di rispondere a un quesito di tale portata. Un post non può certo competere con millenni di filosofia. Un’opinione, però, mi sento di esprimerla.
Il problema non sta tanto nella domanda - Io, che cosa sono? - che è del tutto legittima. I problemi vengono con le risposte. Qualunque risposta alle domande sulla natura dell’uomo ha a che fare con la Metafisica, taluni negando ogni relazione tra Natura e Metafisica, talaltri concedendo alla Metafisica un ruolo centrale nella costituzione della cosiddetta “doppia natura” (fisica e spirituale) dell’uomo. Nella radicalità di entrambe le posizioni mi pare di vedere, non tanto la genuina ricerca di una via di conoscenza, quanto piuttosto un pretesto per costruire e dare consistenza a principi, tutti metafisici, su cui costruire sistemi di potere. Data questa premessa, per non cadere in tentazioni e per non dilungarmi più del dovuto, salto a piè pari millenni di storia del pensiero e intere biblioteche stracolme di sapienza e dichiaro, fin dal titolo, il mio punto di vista: non vi è nulla di metafisico nell’origine dell’uomo. Il metafisico (che è un costrutto mentale) ha tuttavia parecchio a che vedere con l’evoluzione dell'uomo come specie, in particolare con le sue culture, i suoi comportamenti, le sue manifestazioni.

Se volessi librarmi a quote dove l’aria è troppo sottile per consentire alle galline di sostenersi volando, dovrei dire che non bisogna confondere il metafisico con l'immateriale. Qui, però, farò finta di niente e - fidandomi ciecamente di Aristotele, di San Tommaso e di Popper - darò per scontato che l'immateriale esiste. Per di più, userò il termine "metafisico" (al di là del fisico) come sinonimo di "immateriale". Dovrei anche ricordare che il dualismo che contrappone e giustappone l’hardware del cervello col software della mente è stato ampiamente discusso da molti, chi per sostenerlo e chi per superarlo in una visione più sistemica: tra questi ultimi, limitandomi all'ambito del pensiero italiano, ricorderei Ludovico GeymonatFelice Mondella, Franco Voltaggio. Rinunciando da qui in poi a ogni riferimento filosofico, mi limito a una semplice considerazione materialistica: ogni idea viene prodotta da un cervello. Niente cervelli: niente idee. Per produrre un’idea occorre l’esistenza fisica di un cervello che la generi. Un’idea esiste se c’è un cervello che la produce o che la pensa. Un’idea trascritta su un sasso cessa di esistere se non c’è un cervello che la legge e che la fa esistere pensandola (parola di materialista). Quando esistono i cervelli che le pensano, allora tutte le idee esistono. Non esistono di vita propria, ma esistono: nascono, si diffondono, mutano, muoiono, provocano conseguenze. Ed è proprio questo il nodo della questione: quando esistono, le idee provocano conseguenze. Conseguenze su altre idee; conseguenze sui cervelli che le pensano; conseguenze sull’evolversi delle culture; conseguenze sui comportamenti degli individui. 

L’evoluzione del cervello umano ha fatto sì che l’uomo sia portato a ragionare in modo causale e in modo strumentale. Per ogni fenomeno che osserva, il cervello cerca istintivamente una causa. Per risolvere problemi, cerca gli strumenti più idonei allo scopo. Le due modalità lavorano di conserva.
Immagine tratta da http://mentalillnessak907.blogspot.it/