giovedì 16 giugno 2016

DNA: NUOVA ICONA DELLA CULTURA POP - MIX DI DETERMINISMO, MISTICISMO E CYBERPUNK

«Qual è il DNA del marchio Explorer?», chiesi. La direttrice del marketing saltò su e disse che il DNA dell'Explorer era "lo spirito americano" (da: Sergio Zyman. La fine della pubblicità. Le nuove tecniche e le strategie della pubblicità. Armando, Roma 2005, p. 23). 


BREVE STORIA DELLA GENETICA E DEL DNA

Nel 1866 l'abate moravo Gregor Mendel pubblicò i risultati dei suoi esperimenti sulla trasmissione dei caratteri morfologici di una pianta: il Pisum sativum. Il 18 aprile 1905, il naturalista inglese William Bateson usò per la prima volta la parola "genetica" per indicare la disciplina che studia le leggi dell'ereditarietà. Nel 1909, il botanico danese Wilhelm Johannsen usò l'espressione tedesca "das gen" per indicare l’entità molecolare in cui è contenuta l’informazione biologica riguardante i caratteri ereditari. Nel 1952, Rosalind Franklin e Raymond Gosling realizzarono la famosa Foto 51 che mostra l'aspetto del DNA cristallizzato osservato mediante la tecnica della diffrazione ai raggi X. Nello stesso anno, Maurice Wilkins sottrasse a Rosalind Franklin la Foto 51 per mostrarla a Francis Crick e James Watson: osservando la foto, i due scienziati immaginarono una molecola a forma di doppia elica. 

Una rappresentazione della molecola di DNA e, a destra, la Foto 51 scattata da Rosalind Franklin. 

Nel 1962, Watson, Crick e Wilkins ottennero il premio Nobel per la medicina: a Rosalind Franklin e a Raymond Gosling neppure un grazie.
In sintesi, la genetica è la disciplina che studia la trasmissione ereditaria dei caratteri e come questi vengono costruiti a partire dall’informazione contenuta nei geni. Questi sono costituiti da particolari sequenze di DNA, una macromolecola complessa costituita da una lunga sequenza di molecole più piccole, chiamate nucleotidi.
Questa è la più breve e incompleta storia della genetica e del DNA mai scritta. Quella che segue è una storia diversa e riguarda le idee che la cosiddetta cultura popolare (POP) tende a trasmettere quando utilizza i termini DNA, geni, genetica.

Rosalind Franklin, autrice della Foto 51

NATURA VS CULTURA: UNA QUESTIONE ANTICA

Quando si parla di genetica, di geni e di DNA, si parla di un apparato per la trasmissione di informazioni necessarie per la costruzione di qualunque organismo vivente. L’immagine che questo apparato richiama alla mente è quella di una catena di montaggio: una sequenza fissa e predeterminata di operazioni che produce una sequenza fissa e preordinata di risultati. In questa immagine di rigidità c’è la radice fondante di quello che prende il nome di determinismo genetico, vale a dire l’idea che siano i geni, ovvero l’informazione che essi veicolano, a determinare come un organismo si forma, come esso agisce e come si comporta. È molto probabile che questo determinismo sia molto rigido negli organismi più semplici: virus, batteri, protozoi. Tuttavia, là dove le relazioni con l’ambiente e con gli altri individui sono più complesse, è verosimile che altri elementi, oltre alle pure informazioni genetiche, entrino in gioco a dettare i comportamenti individuali. In molte specie sociali, l’imitazione, l’apprendimento e la trasmissione culturale giocano un ruolo rilevante nel modulare i comportamenti individuali e collettivi. Nella specie umana ciò è particolarmente evidente.

Fin dal 18° secolo si è molto dibattuto tra filosofi, scienziati e teologi se il comportamento dell’uomo fosse maggiormente determinato dalla sua natura o dalla sua cultura. Il dibattito non è rimasto confinato ai piani alti del sapere ma ha rapidamente pervaso la cultura popolare, con le sue credenze, le sue manifestazioni istintive, le sue rappresentazioni iconiche. Va da sé che all’interno di questo dibattito i termini DNA, gene e genetica giochino decisamente a favore della natura, e certamente non a favore della cultura.

Gli odierni messaggi pubblicitari fungono da indicatore sensibile, ancorché indiretto, della generale percezione del ruolo prevalente della natura sul condizionamento dei comportamenti individuali. Qualche decennio fa, nella pubblicità prevalevano meccanismi di identificazione riguardanti il ruolo sociale di genere (un ruolo per metà biologico e per metà culturale), tanto che il maschio veniva invitato a identificarsi nell’uomo che non deve chiedere, mai e la femmina era invitata a identificarsi nella regina della casa, vedi il famoso dialogo «Or che bravo sono stato posso fare anche il bucato?». «No, in casa c'è chi il bucato lo fa meglio di te!» (da Carosello: spot lavatrice Candy, 1962). In anni molto più recenti, entrati in crisi certi ruoli sociali, i pubblicitari evocano l’identificazione emotiva dell’acquirente (maschio o femmina che sia) affidandosi ai più moderni determinismi genetici: Fai il test di Land Rover per scoprire se anche tu hai il gene dell'avventura DRD4-7R. In casi come questo, il richiamo genetico ha la marca di un determinismo che vuol rendere virtualmente impossibile opporsi al comportamento innato invocato dal pubblicitario e che funge anche da comodo alibi per l’acquirente, nel caso egli sia propenso a cedere alla tentazione propinata dal venditore. Siamo di fronte a una forma di essenzialismo, l’essenzialismo genetico*: geni e DNA vengono percepiti come una sorta di volontà divina, di destino, oppure assumono la forma più laica di microprocessori che determinano i vari aspetti – fisici, caratteriali, comportamentali – della persona (*l’essenzialismo si riferisce all’idea che esistano principi o sostanze da cui tutto il resto discende).

Oggi, nella cultura POP il determinismo e l’essenzialismo genetico sono decisamente prevalenti: la natura batte la cultura. Ma non è sempre stato così. L’attuale visione DNA-deterministica ha cominciato a diventare prevalente nell’ultimo decennio del novecento con gli sviluppi del famoso Progetto Genoma che cercava all’interno del DNA risposte a moltissimi problemi biologici. Taluni scrutatori dei segreti del genoma facevano però anche subdolamente intendere che là dentro, nel DNA, si sarebbero potute anche trovare risposte deterministiche a fatti (comportamenti, propensioni, credenze, ecc.) che sono abitualmente considerate il frutto di libere scelte individuali. È chiaro che trovare risposte di questo genere avrebbe minato alla radice ogni idea di responsabilità personale e di libero arbitrio, con tutte le conseguenze sociali, giuridiche, politiche, educative, ecc. che ci si può immaginare. Al contrario, nel modo di vedere largamente popolare tra gli anni 60 e gli anni 80 del novecento, si tendeva ad attribuire alle condizioni ambientali e alla “società” nel suo complesso la ragione dei comportamenti umani, sociali o antisociali che fossero. In parole povere, se qualcuno si comportava male, la colpa era quasi sempre della società. Se in quegli anni l’individuo trovava comodo scaricare le proprie colpe sulla “società”, oggi trova altrettanto comodo imputare le proprie colpe e le proprie debolezze a un determinismo genico in cui si vuole iscrivere il destino di ciascuno.

DETERMINISMO, MISTICISMO, CYBERPUNK

Il determinismo genico, così in auge oggi nella cultura popolare, traspare da infiniti messaggi da cui siamo bombardati senza sosta. Da questi messaggi appare evidente che geni e DNA sono termini su cui scarichiamo volentieri le responsabilità individuali e sui quali viene anche caricato il peso di temi intimi e profondi che hanno a che fare con il destino, con l’anima, e anche con la laicissima idea che sia desiderabile manipolare il nostro destino attraverso la manipolazione del nostro stesso DNA (aspirazione cyberpunk). Nella cultura POP, dunque, determinismo, misticismo e cyberpunk si mescolano in un tutt’uno indistinto: a questo mescolamento dedico l’ultima parte di questo post.

Cyberpunk. Manipolare il DNA e manipolare il nostro destino
Altri prima di me hanno bene evidenziato questo rimescolamento tra DNA, destino e misticismo. Così afferma, per esempio, Paolo Somaggio nel suo Umano post umano: i rischi di un uso ideologico della genetica: «Invece che un pezzo di informazione ereditaria, il gene è diventato la chiave delle relazioni umane … Invece di un’importante molecola, il DNA è diventato l’equivalente secolare dell’anima univoca col potere di render conto del male e del destino».  Che il DNA si stesse trasformando da molecola a icona culturale di valenza mistica lo avevano già affermato fin dal lontano 1995 fa due sociologhe americane, Dorothy Nelkin e Susan Lindee, nel saggio The DNA Mystique: The Gene as a Cultural Icon.

Qui di seguito, vedremo che tramite l’uso del termine DNA si gioca una partita, non sempre pulita, su valori della massima importanza, vale a dire quello di libertà e quello di responsabilità.

Internet costituisce una miniera quasi inesauribile di esempi di come la cultura POP usi la parola DNA e di quali significati le attribuisca. Qui, riporto alcuni di questi esempi, suddividendoli in categorie in base alla “funzione” che il termine DNA acquisisce nel contesto del messaggio e nell’intenzione di chi lo utilizza (per ogni categoria, cliccando sull’esempio evidenziato si viene reindirizzati all’immagine o al filmato corrispondente).
  1. Identificazione con le proprie passioni:Il desiderio di scoprire è nel tuo DNA”. “Il golf nel tuo DNA”. “Il ciclismo è nel mio DNA”.
  2. Lusinga di presunte capacità professionali (molto rappresentata in ambito marketing, risorse umane, formazione professionale): “Il successo è nel tuo DNA”. “La leadership è nel tuo DNA”. “Saper vendere è nel tuo DNA”.
  3. Borsa degli attrezzi (per riprogrammare se stessi e vivere meglio)“I geni della felicità: scopri il potenziale del tuo DNA”. “Sviluppa l’amore universale attivando il gene OM del tuo DNA”. “Riparare il proprio DNA per compiere il cambiamento definitivo della propria vita”. “Esprimi consapevolmente tutto il potere del tuo DNA”. “Arresta l’invecchiamento migliorando il tuo DNA”. “Come liberare le infinite potenzialità del proprio DNA per stare meglio”. “Migliora il DNA col cibo”. “DNA e immortalità: pensare positivo ripara il DNA e allunga la vita”. “Potenzia il tuo DNA in sedute di soli 30 minuti”. 
  4. DNA e salute (una miniera di soldi facili):
  5. Messaggio spam pervenuto nella mia casella di posta elettronica

  6. Determinismo divino: “DIO non ha mai sbagliato. Se ti ha fatto nascere è perché tu sei di successo. Il successo è nel tuo DNA”. “DIO ha messo nel tuo DNA la chiave per accedere a tutta l’abbondanza del mondo”. “Se sei nato per lo sport è perché DIO ha messo nel tuo DNA i geni per essere sportivo”. “DIO è nei tuoi geni". 
  7. Determinismo laico: “Sei grasso? È un po’ colpa del tuo DNA”. “Non riesci a smettere di fumare? La colpa è del tuo DNA”. "Il gene gay esiste. Questa è scienza!". 
  8. Determinismo subdolo: (nel caso qui riportato il determinismo genico non viene abolito ma viene fatto slittare dalla sequenza del DNA ai meccanismi di trascrizione dell’informazione): “Perché il DNA non è il tuo destino”.   E pensare che avevamo sperato di aver ritrovato la via del libero arbitrio!

CONCLUSIONE

La cultura POP dice le cose, non come stanno (sempre che qualcuno sappia come davvero stanno le cose), ma come il comune sentire di una certa epoca desidera che le cose stiano. Secondo la biologia ufficiale, il DNA può dirci qualcosa sul “come siamo fatti”, ma può dirci poco sul “chi o che cosa” siamo o “chi o che cosa” siamo destinati a diventare. Chi siamo e chi saremo, dipende in larga misura dalle relazioni che abbiamo intessuto e intesseremo nel corso della nostra esistenza. In un’epoca in cui, a livello globale, il senso di responsabilità personale sembra entrato in crisi e la volizione individuale sembra essere schiacciata da cose molto più grandi del singolo individuo (es. globalizzazione economica), l’idea di poter assegnare ad altri le responsabilità che dovrebbero essere nostre è molto invitante. La cultura POP ha trovato in varie libere rappresentazioni del DNA (sia di valenza laica che di valenza religiosa) un efficace strumento cui cedere quid di libertà in cambio di riduzioni di responsabilità. Il fatto che la cultura popolare si affidi alle interpretazioni di strumenti che ritiene scientificamente fondati (anche quando palesemente non lo sono) complica ulteriormente le cose perché il trasferimento dei nostri desideri su un oggetto di natura “scientificamente provata” può avvenire in perfetta buona fede. Questo transfer avviene con la complicità di un meccanismo psicologico che la giornalista Sian Townson spiega in modo semplice sulle pagine del Guardian: «Quando siamo propensi a credere a un fatto che reputiamo scientifico, adottiamo un criterio di validazione altrettanto “scientifico”: ci guardiamo attorno per cercare delle prove a sostegno di quel fatto. Purtroppo, però, finiamo inevitabilmente coll’ignorare le infinite prove che confutano quel medesimo fatto».
Se le cose stanno così, di fronte a una cultura POP che è lo specchio dei nostri desideri profondi e di fronte a meccanismi psicologici che giocano contro noi stessi, diventa sempre più difficile vedere come le cose stanno davvero. CHI CI SALVERÁ?