sabato 30 gennaio 2021

TO VAX, or not TO VAX? - Antiche controversie: il rigore della scienza e l'elasticità dell'interpretazione

Va da sé che questo post vada letto nell’ottica della     più stretta attualità 

LO STRANO CASO DELLA CONTROVERSIA A DISTANZA (OLTRE UN SECOLO) TRA DANIEL BERNOULLI E ALFRED WALLACE


                                        Daniel Bernoulli (1700-1782) e Alfred Wallace (1823-1913)

Questa storia si svolge su diversi piani temporali. L’oggi, in piena pandemia da Coronavirus, nel momento in cui i vaccini stanno rendendosi disponibili e ieri, quando il vaiolo (allora endemico) colpiva con ondate epidemiche e si sperimentavano i primi controversi vaccini. La storia di ieri, a sua volta, si svolge in due momenti separati grosso modo da un secolo e con due attori: Daniel Bernoulli e Alfred Wallace. Il primo, matematico di spicco dell’illuminismo francese. Il secondo, celebre naturalista nell’Inghilterra tardo vittoriana, aveva condiviso con Darwin la teoria evoluzionistica basata sulla selezione naturale. Due scienziati veri, dunque: un comune approccio scientifico ma sensibilità e visioni diverse che portarono a interpretazioni opposte dei medesimi “fatti”. Guardare a ieri ci aiuta a capire meglio l’oggi. Le storie di ieri e quella di oggi hanno infatti molti punti in comune: 1) le due malattie (Vaiolo e COVID-19) sono associate a una mortalità molto simile; 2) in entrambi i casi il vaccino si propone come l’unico provvedimento in grado di debellare la malattia; 3) la vaccinazione di massa suscita perplessità e paure; 4) anche gli scienziati (non solo l’uomo comune), sulla base di convincimenti personali anteriori all’analisi scientifica dei fatti, possono interpretare in modo diverso i medesimi dati”, di per sé neutrali.

Cominciamo col confrontare la mortalità del vaiolo in Europa nei secoli passati con quella odierna dovuta al COVID.

Il vaiolo era poco contagioso ma arrivava a uccidere circa 15 persone ogni 100 soggetti infettati. Il COVID-19 è invece molto contagioso ma assai meno letale, uccidendo circa 2.4-3.4 persone ogni mille contagiati. La combinazione tra contagiosità e mortalità fa sì che la mortalità delle due malattie risulti praticamente identica (attorno al 2 per mille della popolazione). In Inghilterra, Wallace raccolse i dati epidemiologici della malattia per un periodo di ben 45 anni: dal 1838 al 1882 (vedi Diagramma 1). Da questi dati risulta che nelle campagne la mortalità era più bassa (inferiore a 1 per mille) rispetto ai centri urbani. Nell’epidemia del 1871-72 a Londra la mortalità era stata di poco superiore al 2 per mille della popolazione totale. Il tifo faceva un numero  di morti di poco superiore a quello del vaiolo, mentre l’insieme di tutte le malattie infettive (scarlattina, difterite, morbillo, tifo e febbri tifoidee, pertosse, tubercolosi, sifilide) mieteva un numero di vittime fino a sei volte superiore rispetto al vaiolo. Non ostante ciò il vaiolo incuteva una grande paura anche perché lasciava esiti deturpanti permanenti nei soggetti che sopravvivevano al contagio.

Nella Francia del Settecento la situazione era analoga a quella testé descritta per l’Inghilterra. Per agganciarci all’oggi, ricordiamo che in Italia la mortalità del COVID-19 ha superato il 2 per mille a Bergamo durante la prima ondata e, mentre scrivo, è dell’1.4 per mille a livello nazionale.

Come oggi, anche allora il vaccino si poneva come l’unico argine percorribile per arrestare il dilagare della malattia. Inutile dire che, quanto a sicurezza, il vaccino di allora era una cosa ben diversa dai vaccini odierni. Non si chiamava neppure vaccino ma inoculo, e consisteva in una piccolissima somministrazione per via transcutanea di pus ricavato da pustole attive. In Europa, le prime notizie sull’inoculo erano arrivate attraverso una viaggiatrice e letterata, Lady Mary Montagu, che nel maggio del 1717 dalla Turchia scriveva a un’amica nei seguenti termini:   

Il vaiolo, che tra noi è così diffuso e fatale, è qui assolutamente innocuo grazie all’azione dellinnesto, che è il termine che usano qui. C’è un gruppo di vecchie che per mestiere compiono l’operazione … Viene la vecchia con un guscio di noce pieno di materia del miglior tipo di vaiolo … e mette nella vena tanto veleno quanto ce ne sta sulla punta di un ago (non dà più dolore di un graffio) e poi benda la piccola piaga con un pezzettino cavo di conchiglia … Migliaia di persone si sottopongono a questa operazione ogni anno … e non vi è esempio di alcuno che ne sia morto.

Tornata a Londra, Lady Montagu fece praticare l’innesto su se stessa e sul figlio. Il fatto suscitò scalpore, divenne un fatto di politica nazionale e diede il via a un vivace dibattito che aprirà la strada alla pratica della vaccinazione su ampia scala. La pratica dell’innesto procurava un non ingiustificato timore che controbilanciava la paura della malattia. I decisori politici si trovarono dunque a dover affrontare il problema – scientifico e politico insieme – se procedere o meno a campagne vaccinali su larga scala.

Lady Mary Wortley Montagu (1689-1762)

Praticare l’innesto su vasta scala poneva questioni rilevanti. I non favorevoli argomentavano che l’inoculazione del vaiolo artificiale poteva provocare una malattia mortale in chi la riceveva e che la procedura poteva contribuire a propagare la malattia poiché, per un certo tempo, gli inoculati diventavano portatori e potenziali diffusori del morbo. Tenendo in considerazioni le caratteristiche costitutive dell’inoculo, queste argomentazioni avevano la loro ragion d’essere. Il set di domande cui la politica doveva rispondere era: 1) è opportuno praticare l’innesto per ridurre il rischio di morire a causa del vaiolo? 2) Come confrontare il rischio immediato di morire a causa dell’innesto con quello più diluito nel tempo di morire a causa del vaiolo? 3) Qual è l’eventuale beneficio dell’innesto in termini di aspettativa di vita? Occorreva un’attenta valutazione razionale dei rischi contrapposti.

In quel momento Parigi era la culla dell’illuminismo. Le menti più illuminate del tempo – d’Alembert, Condorcet, Bernoulli – si misero d’impegno. Fu Bernoulli con un proprio modello di analisi epidemiologica a trarre le conclusioni. Esaminò i dati statistici francesi a sua disposizione. A questi aggiunse quelli provenienti da studi inglesi e americani che riportavano infezioni mortali variabili tra 1/90 e 1/60 dei soggetti sottoposti a innesto. Il modello matematico di Bernoulli teneva conto del fatto che: 1) le infezioni mortali dovute all’innesto avvenivano nell’ordine uno ogni cento vaccinati; 2) il vaiolo uccideva 1/7-1/8 delle persone contagiate; 3) nell’arco di una generazione il vaiolo uccideva circa 1/14 dell’intera popolazione. Il modello teneva distinta la mortalità dovuta al vaiolo da quella dovuta a tutte le altre cause e computava (per le diverse classi di età) il rischio annuale individuale di essere contagiati dal vaiolo e di morirne una volta contagiati. Secondo Bernoulli, i risultati del suo modello di analisi consentivano: a) di decidere se adottare o meno la procedura dell’inoculo; b) di stabilire il costo, in termini di vittime, per liberare l’umanità dal vaiolo e giudicare (a livello politico e sociale) se questo prezzo poteva o non doveva essere pagato.

Egli concluse che la vaccinazione doveva essere effettuata su tutta la popolazione stimando che, se almeno il 71-92% della popolazione fosse stata vaccinata, l’incidenza del vaiolo in Francia si sarebbe progressivamente ridotta fino a scomparire. Due secoli dopo, la sua previsione si sarebbe realizzata usando esattamente la stessa copertura vaccinale da lui calcolata. Quanto al metodo decisionale egli affermava: Spero ardentemente che in una questione così seria e che ha a che vedere così strettamente con il benessere della specie umana, nessuna decisione venga assunta senza prima prendere in considerazione tutte le informazioni che possono essere fornite anche da un semplice metodo di analisi e di calcolo”. Pur nella considerazione del fatto che il metodo usato da Bernoulli molto semplice non era, questa affermazione esprime un’altissima fiducia nella scienza (se ben condotta) e nelle sue capacità predittive.

Egli concluse raccomandando caldamente la vaccinazione, sostenendo anche un concetto fortemente innovativo: quello della cosiddetta vita civile risparmiata”, vale a dire la quantità di giovani vite che sarebbero diventate forze utili per la società, computandone per la Francia circa 25.000 all’anno.   

Frontespizio originale dell'articolo di Bernoulli

In Inghilterra, Alfred Wallace guardò allo stesso problema con spirito altrettanto scientifico, ma diverso nella conduzione, nei presupposti, nelle conclusioni. Sulla sua statura scientifica non si discute. Fu uno dei più grandi naturalisti del suo tempo, un acuto osservatore attento ai dettagli, un abile costruttore di teorie. Fu anche un amante della verità. E fu proprio il suo amore fin eccessivo per la verità a renderlo sospettoso, sviandolo su un terreno infido. Ma fu soprattutto la sua visione olistica di un mondo armonico e auto-organizzato e regolato dalla selezione naturale a condurre il suo ragionamento sul vaiolo e sul vaccino nella direzione opposta a quella di Bernoulli.

Alla pagina 329 della sua autobiografia (My Life: a record of events and opinionsegli scrive:

Sono stato educato a credere che la vaccinazione fosse una procedura scientifica e che Jenner fosse uno dei grandi benefattori dell'umanità. Da bambino fui vaccinato. Mi vaccinai prima di recarmi in Amazonia. Ho debitamente vaccinato i miei figli e non ho mai avuto il minimo dubbio sul valore di tale procedura. Questo fin verso il 1875-80 quando venni a sapere per la prima volta dell’esistenza degli antivaccinisti. Lessi qualche articolo sul tema da cui, però, non fui particolarmente impressionato, benché non potessi credere che eminenti personaggi potessero sbagliarsi su una questione tanto importante. Di lì a poco incontrai William Tebb che mi portò alcuni particolari dati statistici sull’argomento … Fu lì che vidi per la prima volta che la stessa vaccinazione poteva provocare forme gravi della malattia e che lo stesso Herbert Spencer aveva sottolineato come la legge che aveva reso obbligatoria la vaccinazione aveva portato a un aumento della diffusione della malattia. Iniziai quindi io stesso a studiare i report del Registro generale, studiando dati e disegnando curve. Con ciò mi resi conto che la malattia e la vaccinazione seguivano un corso parallelo, tanto da portarmi a confutare del tutto l’effetto protettivo della vaccinazione.

Dopo avere dunque analizzato in modo scientifico il problema, da sostenitore del vaccino qual era, Wallace era andato maturando un’opinione critica. Com’era stato possibile? Cosa gli aveva fatto cambiare idea?

Il diagramma che segue riporta i dati e le curve registrati dallo stesso Wallace e che egli produsse in una pubblicazione (Forty-five years of registration statistics, proving vaccination to be both useless and dangerous) che chiedeva ai parlamentari inglesi di rivedere quantomeno gli atti sanzionatori contro chi contravveniva all’obbligo vaccinale, se non addirittura l’obbligo stesso.

Diagramma 2. La linea più bassa rappresenta la mortalità per il vaiolo; quella punteggiata la quantità di vaccini somministrati; la linea superiore la mortalità dovuta all’insieme delle malattie trasmissibili. L’obbligatorietà della vaccinazione (alla base del diagramma) parte dal 1854

Dalla puntigliosa analisi dei dati raccolti Wallace perviene alla conclusione che: 1) la vaccinazione non riduce la mortalità del vaiolo; 2) l’inoculo è veicolo inconsapevole di altre malattie trasmissibili (varicella, morbillo, sifilide, ecc.) che possono provocare fino a 10.000 morti all’anno; 3) le statistiche ufficiali degli ospedali che attribuiscono la morte per vaiolo esclusivamente ai non vaccinati sono poco affidabili. La sua petizione ai parlamentari si conclude con queste parole: «La legislazione, che coinvolge la nostra salute, la nostra libertà e la nostra stessa vita, è una questione troppo seria per poter dipendere dalle dichiarazioni errate dei funzionari interessati o dai dogmi di una cricca professionale». Cosa giustifica la durezza di queste parole?

L’osservazione dello sviluppo temporale della malattia, dei conseguenti interventi di salute pubblica, e delle statistiche epidemiologiche condotte dall’esercito e dalla marina, lo avevano portato alle seguenti considerazioni: 1) le esacerbazioni epidemiche più gravi erano avvenute dopo l’imposizione dell’obbligo vaccinale – il che, nel suo ragionamento, significavain conseguenza dell’obbligo; 2) nel periodo 1854-85 le vittime dovute alle altre malattie infettive erano diminuite di più rispetto a quelle provocate dal vaiolo. A suo modo di vedere, questo indicava che anche la riduzione nell’incidenza del vaiolo poteva essere ascritta alle migliorate condizioni igieniche, intervenute soprattutto dei grandi centri urbani; 3) la tecnica dell’inoculo poteva essere essa stetta veicolo di altre malattie trasmissibili mortali (nel caso della sifilide erano stati segnalati 478 casi post-inoculo), e questo in una campagna vaccinale di massa era un rischio troppo elevato; 4) nella grande epidemia del 1870-71, l’aumento delle vaccinazioni non sembrava aver ridotto consistentemente il numero dei decessi; 5) le statistiche ospedaliere riguardanti i decessi, essendo raccolte da personale a favore del vaccino, avrebbero potuto sovrastimare i decessi dei non vaccinati, sottostimando di riflesso quelli dei vaccinati.

In tutte queste considerazioni – interessanti nel merito e tratte da osservazioni molto attente – appare costantemente il rischio di confondere le cause con gli effetti. Quando si denuncia l’aumento dei casi di vaiolo in concomitanza dell’aumento delle vaccinazioni, non si considera il fatto che l’incremento delle vaccinazioni era stato verosimilmente dovuto al susseguirsi di ondate di vaiolo particolarmente virulente. Quando si afferma che nella grande epidemia del 1871 l’aumento delle vaccinazioni non era stato seguito da un corrispondente calo delle morti, non si considera che senza il vaccino si sarebbero quasi certamente registrate molte più morti a causa del vaiolo. Quanto alle statistiche ospedaliere, qualche qualche errore ci può anche essere stato perché, come afferm lo stesso Wallace, nello stadio terminale di una malattia che ricopre completamente il corpo di pustole è impossibile determinare, dalla presenza o meno della pustola vaccinale, se la persona fosse stata vaccinata oppure no”.

Gli argomenti sollevati da Wallace erano tutti legittimi e sostenuti da elementi documentali. L’interpretazione di quei nudi fatti”, tuttavia, veniva fortemente sbilanciata dalla prospettiva con cui egli osservava criticamente quei particolari fatti sullo sfondo di un mondo che riteneva ordinato e armonicamente organizzato. A differenza di Darwin che, nell’ultima riga dell’Origine delle Specie, osserva ammirato un mondo fatto di forme splendide e meravigliose ma non si appella mai a un ordine precostituito o a un grande disegno, Wallace non poteva fare a meno di un’idea di ordine, quantomeno organizzativo, che desse un senso al mondo. Questo modo di vedere implica necessariamente che anche il rapporto tra uomo e vaiolo rientrasse in questo ordine, un ordine nel quale la selezione naturale giocava un ruolo importante, facendo sì che gli uomini sani potessero sopravvivere al vaiolo indipendentemente da qualunque intervento artificiale, vaccino compreso. Anzi, maldestri interventi umani avrebbero potuto turbare gli equilibri naturali provocando solo danni.

A differenza di Bernoulli – che era un matematico pieno di fiducia nella possibilità di leggere in maniera univoca le problematiche di causa ed effetto (limitandosi però a considerarli oggetti all’interno di sistemi isolati) –  Wallace era rimasto un vero filosofo della natura, per il quale la verità (da cercare con la ragione ma anche con l’ispirazione) dovrebbe aspirare a dare risposte a un tutto articolato, dove tutto è in rapporto con tutto. Per lui, certe verità – quelle che correlano per esempio una causa con un effetto – sono “piccole verità” e come tali “sospette”. Sospette di faciloneria o, che è peggio, di manipolazione al servizio di interessi particolari. Per Wallace, lo scienziato deve cercare la verità (quelle più grandi, anche se scomode) più in profondità rispetto ai particolari visibili in superficie. Questa visione filosofica della ricerca della verità lo rende fortemente sospettoso nei confronti di verità che possono apparire preconfezionate, ed è questo che egli sospetta nelle verità ufficiali sull’innesto contro il vaiolo.   

É interessante vedere come Bernoulli e Wallace sottolineino entrambi con grande vigore il ruolo fondamentale dell’analisi scientifica a sostegno delle decisioni politiche. Non meno interessante vedere come essi, elaborando in modo scientifico fatti estremamente simili tra loro siano addivenuti poi a interpretazioni e conclusioni assai lontane tra loro. Seguendo con fiducia un rigoroso processo di analisi senza farsi distrarre da elementi accessori al tema principale, il primo fu specchio del suo stesso entusiasmo, dichiarando il suo fermo e deciso sostegno al vaccino. Il secondo, elaborando con rigore scientifico un’enorme mole di dati statistici ed epidemiologici, trovò riscontri degni di approfondimento ma non resistette alla tentazione di inglobarli in una sua particolare teoria della conoscenza. Nella sua sintesi, i difetti della campagna vaccinale finirono col prevalere sui pregi altrettanto evidenti e finì, sbagliando, col buttare il bambino assieme all’acqua sporca.  


Fonti

Bernoulli D. Essai d’une nouvelle analyse de la mortalité causée par la petite vérole et des avantages de l’inoculation pour le prévenir (1760). Histoire et Mémoires de l’Académie des Sciences. 1766, parte 2: 1-79.

Blower S, Bernoulli D. An attempt at a new analysisof the mortality caused by smallpox and of the advantages of inoculation toprevent it.  Rev Med Virol. Sep-Oct 2004;14(5):275-288. 

Darwin CR. The origin of species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life. 6th ed. John Murray, London 1876.

Montagu MW. Tra le donne turche. Lettere 1716-1718. Rosellina Archinto editore, Milano 1993.

Wallace AR. Vaccination a delusion: its penal enforcement a crime, proved by the official evidence in the reports of the Royal Commission. Swan Sonnenschein & Co, London 1898.    

Wallace AR. Forty-five years of registration statistics, proving vaccination to be both useless and dangerous. To members of Parliament and others. E.W. Allen, London 1889.  

Wallace AR. My life: A record of events and opinions. New edition, condensed and revised. London: Chapman & Hall, 1908.


 

 

 

 

 

mercoledì 13 gennaio 2021

DONNE SULL'ORLO DELL'OBLIO - L'ESERCITO INVISIBILE DELLA NASA

La storia di Kataleen Land e di tante altre come lei è quella di una goccia nel mare che rischia di essere risucchiata nell’oblio. La scienza non è fatta solo di giganti, soprattutto di giganti maschi. A sostenerla c’è tutta un’impalcatura di lavoro, dedizione, e sapienza spesso invisibile. Molte donne appartengono a questa impalcatura. Qui se ne ricordano due, con tutta la loro invisibile squadra.

Donne sull'orlo dell'oblio

Mrs. Land faceva la calcolatrice al Langley”,[1] buttò lì mio padre svoltando a destra all’uscita dal posteggio della nostra chiesa, la First Baptist Church di Hampton, Virginia …  Trascorremmo parecchie ore in compagnia della formidabile Mrs. Land, che a catechismo era sempre stata una delle mie insegnanti preferite. Kataleen Land, matematica della NASA in pensione, viveva ancora da sola a novant’anni suonati, e non si perdeva mai una funzione domenicale.

Questa citazione è tratta da un saggio di Margot Lee Shetterly: Il diritto di contare (HarperCollins editore), opera da cui è stata anche tratta una pellicola di successo.  

Un gruppo di “calcolatrici” della NASA impiegate al Langley Center (1953)

A che cosa si deve tanto interesse per questa pressoché sconosciuta Mrs. Land (e per le sue colleghe "calcolatrici"), tanto da dedicare loro una accorata biografia? Semplice! Pur essendo un'esperta in matematica e fisica in forza alla NASA, Kataleen Land aveva due grossi e fin troppo evidenti difetti: era donna ed era  nera. A causa di questi "difetti di fabbricazione" fu costretta ad essere anche una combattente. Dovette sfidare il razzismo, il sessismo e il segregazionismo che in quegli anni impediva ai neri di frequentare le stesse scuole, le stesse biblioteche, gli stessi bagni e gli stessi ambienti di lavoro frequentati dai bianchi. Non ostante ciò, alla fine furono costretti a sopportare la sua presenza nelle stanze dei bottoni della NASA e il suo contributo risultò determinante per il buon esito del Programma Mercury e delle missioni Apollo 11 e Apollo 13. [2] Fu lei infatti a realizzare le formule che gestirono le orbite e le finestre di lancio e di rientro delle navicelle spaziali di tali missioni. Fu lei che, nell’emergenza provocata da un difetto dello scudo termico, riuscì a rielaborare in tempo utile l’orbita di discesa della missione Mercury, riportando a casa sano e salvo John Glenn, il primo astronauta americano ad orbitare attorno alla terra.

Glenn rientra sano e salvo dopo tre orbite (20 febbraio 1962)

Per quanto riguarda il colore della pelle - fatta eccezione per il personale addetto alle pulizie (quasi esclusivamente nero) - in quegli anni il 98% del personale di livello superiore (tecnici, ingegneri e analisti come Kateleen Land) era costituito da bianchi. Quanto alla questione di genere, quelli erano anni in cui nemmeno le analiste bianche godevano del pubblico riconoscimento per il loro lavoro: venivano pagate meno degli uomini e non venivano mai menzionate negli atti ufficiali. Quando c’era da assegnare qualche riconoscimento o un avanzamento di carriera, a beneficiarne erano soprattutto gli uomini, quasi mai le donne. Quand’anche eccellente, il loro contributo intellettuale rimaneva misconosciuto a livello ufficiale, nascosto tra le pieghe delle mansioni di supporto. Questa era una regola non scritta ma applicata con regolarità certosina ("ecco perché allora l’America era grande", penserà qualche nostalgico). A questo proposito, Virgina Biggins, giornalista del Daily Press, visitando in quegli anni il Centro Ricerche della NASA, ricorda: «Mi dicevano “ecco qui uno scienziato, ecco qui un ingegnere!”, e si trattava sempre di uomini. Non mi fecero incontrare neppure una donna. Conclusi che, lì, alle donne era riservato solo il ruolo della segretaria». In realtà, dietro al nugolo di ricercatori maschi vi era un piccolo e ben attrezzato manipolo di donne - Dorothy Hoover, Dorothy Vaughan, Katherine Johnson, Mary Jackson, Katherine Coleman, Marge Hanna, Doris Cohen, Christine Darden - ma la Direzione si guardava bene dal metterne in risalto il contributo, quasi fosse una vergognosa necessità di cui non andare troppo fieri. Solo in tempi recentissimi la NASA si è sentita in dovere di tributare i massimi onori a una di loro, Katherine Johnson, intitolandole un nuovo centro di ricerca in virtù delle orbite  dell’Apollo 11 da lei calcolate e che consentirono alla missione di raggiungere la Luna. .

Katherine Johnson, il cui contributo fu essenziale per raggiungere la Luna (e per tornare)

Tra il 1935 e la metà degli anni Settanta, furono 137 le donne impiegate con mansioni scientifiche presso il Centro di Ricerca della NASA. Da loro dipesero molti dei successi aereospaziali americani. Di loro, negli archivi della Nasa si conserva solo il nome e, per alcune di loro, una foto o un breve cenno biografico. Di Kataleen Land si conserva solo il nome. Qui di seguito, in segno di risarcimento, l’elenco ufficiale completo. Come si può notare, l'elenco riporta in rigoroso ordine alfabetico il nome proprio delle 137 donne perché, si sa, sul luogo di lavoro le donne si chiamano col nome proprio, o col nomignolo: il cognome e il titolo di merito è riservato ai colleghi maschi [LINK].   

Agnes Harris Tilghman; Alberta Marie (Menzies) Smith; Amy Ruhlin; Amy Sabol; Ann (Merfeld) Mattson; Ann Bell; Ann Mennell; Aurelia Boaz; Barbara Durling; Barbara Holley; Barbara Weigel; Barton Bruce; Betty Farmer; Betty Millard; Betty Poe Tillery; Betty Stafford Malone; Betty Toll; Billie J. Neil; Carole L. Lynch; Catherine Turner; Charlotte Craidon; Christine Darden; Connie Pegues; Cot Phillips; Dare Blalock Andrews; Doris Barron; Doris Crumpler; Doris Porter Baron; Dorothy Garmon; Dorothy Vaughan; Dot Mills; Edna Goodall; Elizabeth Kitrell Taylor; Elva May Nixon Boyle; Emma Jean Landrum; Ernestine Creech Hacskaylo; Eunice Gray Smith; Ferne Driver; Freida Block; Gay Gilbert; Georgia Dees; Gertrude C. Westrick; Gladys Martz; Gloria Champine; Helen H. Willey; Helen Johnson; Irene Young; Isabelle Mann; Jackie Miller; Janey Burris; Jean Ruddle Migneault; Jean Scott; Jeanette Cooper; Jeanne Smith; Jena Tucker; Juanita Parker; Julia Lancaster; Katharine H. Armistead; Katherine G. Johnson; Kathleen Land; Kathleen Wicker; Kathryn Peddrew; Kathy Young; Kitty Jarrett Haigler; Kitty Weston; Laura Bateman; Laura Jackson; Leslie Hunter; Lillian Boney; Lillian Hanna Daley; Linell C. (Nell) Quinn; Lois Evans; Lorena Archer; Louise Crane; Louise Fitzgerald Wombolt; Lucille C. Coltraine; Lucy White; Lynn Fleming; Mabel Crouse Jones; Mae Hoffman; Margaret Block; Margaret L. Hurt; Margaret Ridenhour; Margery Hannah; Marie Burcher; Marie Eichmeier; Marilyn Heyson; Marjorie Blum Gentry; Mary Alice Eastwood Woerner; Mary Comstock Hastings; Mary Florence Miller Wilson; Mary Frances (Quesenberry) Kell; Mary Kellert; Mary Manson Ingram; Mary Jackson; Mary Kaylor; Mary Wendtland; Mary Whisnant Hedgepeth; Maryann Johnson; Maxine Justice; Merle Shelton; Millie Woodling; Miriam D. Mann; Nan Jones; Nancy Coulter; Nancy Maddox; Pat West; Pat Boyd; Patsy Coe; Peg Clelland; Penny Malone Samples; Penny Stokes; Phyllis Hieser; Rosyln Cordwell; Rowena (Daniel) Becker; Rowena Nau; Ruby Davis; Sarah Bullock; Sarah Huckster; Shirley Shelton; Sue (Richardson) Orr; Sue Waters Bostic; Sue Edmonson Wilder; Thelma Bunting; Vera Huckel; Viola Phillips; Virginia Taylor; Virginia Tucker; Vivian Adair; Willianna W. Smith; Willie Ruffin.

Grazie all’eco successiva all’uscita del film Hidding figures (Il diritto di contare), la NASA ha tardivamente ricordato le sue donne sull’orlo dell’oblio in una recente conferenza (NASA Langley Film #6757) [LINK disponibile solo in lingua originale].

 

 



[1] Il Langley Center è il centro di ricerca aereospaziale della NASA.

[2] Per maggiori dettagli sui citati programmi della NASA si rimanda alle rispettive voci di Wikipedia: Programma Mercury [LINK]; Apollo 11 [LINK]; Apollo 13 [LINK]