In questa nona puntata di Domande e Risposte sull’Evoluzione, il tema in discussione è quello della lotta per la sopravvivenza ovvero, nella sua trasposizione in termini economici e culturali, della libera concorrenza, aspetto fondativo dell’economia liberale e oggetto di vivace dibattito ai tempi di Darwin. Come nelle puntate precedenti, la discussione intende mettere a confronto il potenziale evoluzionistico del fattore biologico e quello eventuale del fattore culturale.
Domande e Risposte
# 15
Domanda 15. Le concezioni sociali e sociodinamiche di Malthus ebbero una grande influenza
sulla genesi dell’idea darwiniana di selezione naturale. Ricordo che nel Saggio
sulla Popolazione e sui suoi Effetti sul Perfezionamento Futuro della
Società (1798), Thomas Malthus
aveva constatato l’inadeguatezza delle potenzialità di implementazione delle
risorse alimentari a fronte dell’andamento della crescita della popolazione
umana. Malthus aveva concluso sostenendo
che è proprio la disparità tra le due dinamiche a provocare povertà, carestie,
pestilenze e guerre che determinano ricorrenti e massivi decrementi della
popolazione umana. Lo spirito malthusiano pervade certe aberrazioni
sociobiologiche e/o interpretazioni del pensiero darwiniano (ma non
giustificate peraltro dalle affermazioni di Darwin). Tali aberrazioni, a loro volta, sono pervase più da
pregiudizi sociali che non da nozioni scientifiche provenienti dalla ricerca
evoluzionistica e da quella sociologica. Quanto delle idee malthusiane
permangono nell’evoluzionismo contemporaneo? Se permangono, rappresentano un elemento
di disturbo nei tentativi di chiarire i meccanismi biologici
dell’evoluzione dell’uomo, o rappresentano un elemento di chiarezza, che
individua la rilevanza degli elementi culturali squisitamente antropologici
(che si aggiungono a quelli puramente biologici) nel determinare la selezione e
l’adattamento di individui e di gruppi più o meno omogenei di individui?
Risposta 15. Cito letteralmente un passo dalla Storia della Filosofia Occidentale di Bertrand Russell (in traduzione italiana, Longanesi, 1958, pag. 1133): “Il darwinismo consisteva in un’applicazione a tutta la vita animale e vegetale della teoria della popolazione di Malthus, che era parte integrante della politica e dell’economia dei benthamisti: una totale libera concorrenza, in cui la vittoria andava agli animali che rassomigliavano di più ai capitalisti fortunati”.[1] Darwin stesso fu influenzato da Malthus, ed aveva simpatia, in generale, per i filosofi radicali. C’era, tuttavia, una gran differenza tra la concorrenza auspicata dagli economisti ortodossi e la lotta per l’esistenza che Darwin proclamò forza motrice dell’evoluzione. ‘Libera concorrenza’, nell’economia ortodossa, è una concezione assai artificiale, protetta da restrizioni legali. Potete vendere a prezzo minore di un vostro concorrente, ma non potete ucciderlo. Non dovete adoperare le forze armate dello Stato per aiutarvi ad ottenere i migliori manufatti stranieri. Coloro che non hanno la fortuna di possedere capitali non devono cercare di migliorare la loro sorte con la rivoluzione. La ‘libera concorrenza’, così come era intesa dai benthamisti, non era realmente “libera”.
[1] Jeremy
Bentham (1748-1832), giurista ed economista inglese. È stato uno dei maggiori
esponenti dell’utilitarismo filosofico (la
maggiore felicità del maggior numero di individui), sostenitore di processi
sociali e economici idonei a creare l’armonia più ampia possibile fra gli
interessi collettivi e quelli individuali.
Risposta 15. Cito letteralmente un passo dalla Storia della Filosofia Occidentale di Bertrand Russell (in traduzione italiana, Longanesi, 1958, pag. 1133): “Il darwinismo consisteva in un’applicazione a tutta la vita animale e vegetale della teoria della popolazione di Malthus, che era parte integrante della politica e dell’economia dei benthamisti: una totale libera concorrenza, in cui la vittoria andava agli animali che rassomigliavano di più ai capitalisti fortunati”.[1] Darwin stesso fu influenzato da Malthus, ed aveva simpatia, in generale, per i filosofi radicali. C’era, tuttavia, una gran differenza tra la concorrenza auspicata dagli economisti ortodossi e la lotta per l’esistenza che Darwin proclamò forza motrice dell’evoluzione. ‘Libera concorrenza’, nell’economia ortodossa, è una concezione assai artificiale, protetta da restrizioni legali. Potete vendere a prezzo minore di un vostro concorrente, ma non potete ucciderlo. Non dovete adoperare le forze armate dello Stato per aiutarvi ad ottenere i migliori manufatti stranieri. Coloro che non hanno la fortuna di possedere capitali non devono cercare di migliorare la loro sorte con la rivoluzione. La ‘libera concorrenza’, così come era intesa dai benthamisti, non era realmente “libera”.
Anche se Russell insinua che, almeno tardivamente, Darwin, che era un liberale, si trovò con la sua idea della
sopravvivenza del più forte più vicino alle teorie di Nietzsche che a quelle di Bentham,
la moderna
genetica ha fatto piazza pulita del cosiddetto darwinismo sociale. Come
scrisse Theodosius Dobzhansky nel
suo L’evoluzione della Specie Umana (in traduzione italiana, Einaudi,
1965, pag. 15) “il più adatto non è
necessariamente un tipo romantico o un conquistatore vittorioso o un superuomo.
È più probabile che sia solo un genitore prolifico”. In effetti, quello che
conta non è tanto per gli esseri viventi essere in grado di sopraffare altri
viventi, ma la capacità di riprodursi e lasciare discendenti adatti a
fronteggiare le sfide dell’ambiente. Perciò, si può dire che il più adatto non
è il più forte, ma il più resistente. Mi pare che proprio i limiti indicati da Russell a proposito della libera
concorrenza siano un chiaro esempio di come l’evoluzione culturale si
è sviluppata su linee autonome e non si presti a forzature tratte dalla
evoluzione biologica.
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