“La medicina ha fatto così tanti progressi che è ormai difficile trovare qualche sano”.
Non sono riuscito a trovare l’esatta fonte di questo
aforisma attribuito alla tagliente lingua di Aldous Huxley. Tuttavia, la medicalizzazione esasperata che
imperversa nei paesi in cui l’assistenza sanitaria è accessibile a tutti (e
dove le spese sono prevalentemente a carico della collettività) rende veritiero
anche un altro aforisma – più recente – in cui si afferma che “viviamo
da malati per cercare di morire da sani”. La spasmodica ricerca di
salute ha come ineludibile contraltare la ricerca altrettanto spasmodica (con
la speranza di non trovarli) di indizi e di segni di qualche malattia in
agguato. Questo atteggiamento sembra esso stesso sfiorare la patologia: Laura
Muldon, un medico di Toronto, ne ha parlato come di una pandemia di aspettative esagerate.
Un termine sempre più utilizzato da chi si occupa di politiche per la salute è sovradiagnosi: un eccesso di procedure diagnostiche cui segue, inevitabilmente, una sovraterapia, con tutto un corollario di ricadute sulla salute, non solo positive ma anche negative, sia in termini di complicazioni associate a cure non necessarie, sia in termini economici. I termini sovradiagnosi e sovraterapia si riferiscono a un concetto per nulla intuitivo, a cui ci dovremo abituare modificando le nostre prospettive: vale a dire che fare ogni sforzo per scoprire e curare le malattie quanto più precocemente possibile non è sempre vantaggioso. Alcune malattie, grazie ai progressi tecnici e alla diffusione delle indagini diagnostiche, vengono individuate ad uno stadio molto precoce: la medicina a volte non è in grado di stabilire se un reperto anomalo possa evolvere davvero in una malattia che richieda di essere curata. La medicina non sempre è in grado offrire delle certezze su cui poggiare la difficile scelta fra due opzioni: correre il rischio degli effetti negativi di una terapia superflua o correre il rischio di non curare abbastanza presto.
Un altro elemento che deve essere considerato nelle decisioni di politica sanitaria è il rispetto della legittima aspettativa di chi è effettivamente ammalato. Questo si aspetterebbe che le attenzioni e le risorse della sanità si concentrassero sulla cura della sua malattia in atto piuttosto che su quella, ipotetica, di aspiranti sani non ancora malati.
Un altro elemento che deve essere considerato nelle decisioni di politica sanitaria è il rispetto della legittima aspettativa di chi è effettivamente ammalato. Questo si aspetterebbe che le attenzioni e le risorse della sanità si concentrassero sulla cura della sua malattia in atto piuttosto che su quella, ipotetica, di aspiranti sani non ancora malati.
Alcuni
studi pubblicati su riviste mediche molto autorevoli mostrano come in alcuni programmi
diagnostici su vasta scala, come quelli sul tumore della tiroide effettuati in Corea, o quelli riguardanti il dosaggio del PSA per la diagnosi
precoce del tumore della prostata, gli svantaggi possano superare i vantaggi, sia in termini di salute che in
termini economici. Casi come questi stanno portando a serie rivalutazioni di
alcuni programmi diagnostici e la nuova problematica della sovradiagnosi viene presa molto sul serio. In questo
contesto piuttosto complicato di nuovi saperi che contrastano con i vecchi
saperi ,sorge legittima la domanda: chi può prendere le difficili decisioni su cosa è meglio fare?
"La visita al hospital" di Luis Jiménez Aranda (1845-1928) |