lunedì 25 gennaio 2016

TURKANA: UN LUOGO E UN TOPOS PER IL GENERE UMANO

da: en.wikipedia.org. Dominio pubblico
A causa di un ritrovamento di resti fossili dagli importanti risvolti etnografici e antropologici, nei giorni scorsi è apparso con grande evidenza sulle pagine dei giornali il nome di un luogo esotico sconosciuto ai più: TURKANA
Molti di noi, richiesti di indicarlo sulla carta geografica, punterebbero il dito su una qualche area dell’Asia Minore. Sbagliato! Turkana è il nome di un grande lago del Kenia. È un luogo importante per la storia dell’umanità: una storia molto antica che comincia un milione e mezzo di anni fa con il Ragazzo di Turkana.

Il Ragazzo di Turkana (rinominato Nariokotome Boy-KNM-WT 15000) è un ominide risalente a un milione e mezzo di anni fa scoperto nel 1984 nei pressi del lago di Turkana. Il suo aspetto, la capacità cranica superiore ad altre specie ominine e il suo presumibile stile di vita ne fanno un anello evolutivo molto prossimo a Homo sapiens. Al Ragazzo di Turkana avevo dedicato una paginetta nel mio saggio Diventare Umani: origine ed evoluzione di quel che siamo (Aracne, 2013): “Il Ragazzo di Turkana”, scrivevo, “è il primo ominide di statura simile alla nostra. Classificato inizialmente come Homo erectus, viene ora considerato appartenente a Homo ergaster. Il famoso paleontologo Ian Tattersal  – che non per caso ha scritto un libro dal titolo molto simile al mio: Becoming Human: Evolution and Human Uniqueness – ritiene che il Ragazzo di Turkana possedesse un potenziale cognitivo superiore a quello degli ominidi suoi predecessori: un potenziale cognitivo tale da consentirgli di realizzare un salto cognitivo qualitativamente rilevante. In effetti, intorno a un milione e mezzo di anni fa, Homo ergaster cominciava a padroneggiare il fuoco e a fabbricare strumenti litici come armi di pietra dalla lama simmetrica e regolare”.

Un milione e mezzo di anni fa il Ragazzo di Turkana stava preparando lo straordinario armamentario cognitivo di Homo sapiens. I resti fossili ritrovati recentemente vicino a Turkana (a Nataruk per l’esattezza) ci mostrano una successiva puntata della storia iniziata dal Ragazzo di Turkana e ci mettono sotto gli occhi una delle impreviste conseguenze del potenziale cognitivo di cui Homo sapiens va fiero.


Da: Il Corriere della Sera, 21 gennaio 2016
Nei pressi di Nataruk, ai margini del lago Turkana, una spedizione scientifica dell’Università di Cambridge ha rinvenuto gli scheletri fossili di 27 esemplari di Homo sapiens risalenti a circa dieci o dodicimila anni fa. Dieci di questi scheletri presentavano numerosi segni di colpi inferti verosimilmente da armi di pietra appuntite (asce, frecce…). Sembrano esserci pochi dubbi: quello di Nataruk-Turkana fu un massacro intenzionale, il più antico di cui si abbia documentazione. Il resoconto scientifico di questo ritrovamento è stato pubblicato sul numero 529 del 21gennaio 2016 della rivista Nature.

Prima di quest’ultimo ritrovamento, Turkana rappresentava la testimonianza di un importante progresso delle capacità cognitive di Homo sapiens che, come specie pensante, ci inorgogliscono. Dopo la scoperta del massacro, Turkana rappresenta anche la più antica testimonianza dei risultati meno esaltanti che sono resi possibili (pianificabili e attuabili) da una mente dotata di tali facoltà cognitive. 

A Turkana la mente umana ha emesso i suoi primi vagiti. Lì, ha cominciato a evolversi per diventare ciò che è diventata: capace di vette sublimi e di infimi abissi. Il cervello di Homo sapiens gode dell’ascolto del Requiem di Mozart come alla vista de La ragazza con l’orecchino di perla di Veermer. Quello stesso cervello, in virtù della stessa evoluzione cognitiva che gli fa apprezzare Mozart e Veermer, è anche in grado di concepire e di mettere in atto lo sterminio, la tortura, genocidi e soluzioni finali di ogni sorta. È evidente che il lato sublime della natura umana e quello più oscuro sono legati a doppio filo: senza l’uno non potrebbe esistere l’altro. Ci siamo sempre illusi, e continuiamo volentieri a farlo, che l’evoluzione culturale dell’uomo finisca, prima o poi, col far prevalere il lato sublime. Il fatto che le radici del sublime siano così profondamente intrecciate con le radici di ciò che chiamiamo “male”, rende la cosa complicata. Il fatto che classifichiamo certe cose come “male” è un buon segno, ma la lotta sarà ancora lunga e le cronache quotidiane ce lo confermano.


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