venerdì 18 dicembre 2020

CONOSCERE, CERTO! … Ma cosa, in che modo, e perché?

  

L’uomo senza qualità di Robert Musil è una fonte inesauribile di argomenti su cui soffermarsi a riflettere. Alcune righe qui sotto riproposte mi offrono la possibilità di ragionare sulla conoscenza, tema non così scontato come potrebbe sembrare.

"Se lei vuole considerare quelle esperienze con l’occhio dello scienziato … ricondurrà il mondo a null’altro che a un meccanico giramento di pollici compiuto dalle cosiddette forze della natura!" (Mondadori, 2015. Ebook Kindle, p. 698)

"Proprio questo sentimento mi ha condotto alla scienza, le cui leggi vengono cercate in comune e mai ritenute incrollabili" (p. 1092)

La sua dedizione suprema alla scienza non era mai riuscita a fargli dimenticare che negli uomini la bellezza e la bontà derivano da ciò che essi credono e non da ciò che essi sanno (p. 1005)

L’aver noi fatto della scienza positiva il nostro ideale spirituale significa soltanto mettere la scheda elettorale in mano ai cosiddetti fatti, perché votino al nostro posto. È un’epoca antifilosofica e vile; non ha il coraggio di decidere che cosa ha valore e che cosa non ne ha (p. 1013)

Si erano progressivamente accumulate dichiarazioni nelle quali persone dal mestiere un po’ incerto, come i poeti, i critici, le donne e quegli individui che esercitano la professione di nuova generazione, lamentavano che la scienza pura fosse qualcosa di nefasto, capace di fare a pezzi ogni opera umana elevata, ma non di rimetterla insieme (p. 314)

L'uomo senza qualità (ed. tedesca)

In queste poche righe ho evidenziato una decina di espressioni che indicano alcuni dei punti – talora marginali, talaltra sostanziali – che sono da sempre al centro del dibattito sulla conoscenza: conoscenza delle cause, delle ragioni, dei metodi, delle vie di accesso, dei contenuti e degli attributi esplorabili.

Il dibattito tra scienziati, filosofi, poeti, e tanti altri che professano l’esercizio del pensare non addiverrà mai a risposte definitive sull’argomento, sia perché la parola conoscenza è un termine troppo esteso per essere messo per intero sotto la lente del microscopio, sia perché il termine acquista connotati propri e particolari solo quando si specifica conoscenza “di che cosa”.  

Per quanto attiene ai filosofi, molti di loro – da Platone a Wittgenstein, da Kant a Husserl – si interrogano su che cosa sia la conoscenza. Tuttavia, affannandosi alla ricerca di improbabili soluzioni universali, non addivengono a risposte davvero esaustive. Infatti, il termine che tentano di definire è troppo sfuggente nella sua vaghezza, a meno che non venga inchiodato da un cosa”, da un come e da un a che scopoe da un con quali limiti o con quali estensioni. Già Monimo (filosofo cinico del IV sec. a.C.) ammoniva: Non vi sono certezze”.[1] Lo scetticismo filosofico, d’altra parte, ha sempre sostenuto l’impossibilità di conoscere il vero, ammettendo implicitamente i limiti del conoscere medesimo. Wittgenstein, da par suo, sposta l’attenzione sul ruolo della giustificazione del sapere, consapevole del fatto che i limiti di ciò che giustifica sono contemporaneamente dei limiti per il conoscere.[2] Ma dei filosofi s’è detto a sufficienza. 

Anche molti scienziati, ovviamente, si interrogano sulla questione. Anch’essi, come i filosofi, si sono imbattuti nel problema di poter conoscere il vero e qualche volta si sono anche illusi di averlo fatto. Tuttavia, strada facendo si sono accorti che il progresso delle scienze consiste nel rimpiazzare un vero con un vero ogni volta un po’ più vero, riducendo con ciò lo stato della Conoscenza dal ruolo di assoluto punto di arrivo a quello di mero strumento nelle mani dello studioso. C’è poi un secondo problema per gli scienziati. Applicando ai fenomeni naturali il loro metodo (il cosiddetto metodo scientifico), essi aspirano ad esplorare la realtà dei fatti in maniera oggettiva. Strada facendo, si sono accorti però che i fenomeni sono solo modi attraverso i quali la realtà si palesa e non la Realtà stessa. Con tutto ciò, anche la pretesa oggettività (il cui concetto contiene l’aspirazione a un che di universale) finisce coll’essere ridimensionata a ciò che può essere tranquillamente espresso in termini di ripetibilità e condivisione delle osservazioni. Per tutto ciò che s’è detto, gli scienziati più accorti si astengono dal cercare definizioni universali della Conoscenza e si limitano a mettere in relazione le caratteristiche misurabili dei fenomeni con modelli esplicativi di pratica utilità. Come Socrate, gli scienziati che più sanno, sanno di non sapere (o di non sapere abbastanza). Fa parte dello statuto della scienza sapere che il suo sapere non è mai certo e che ogni sua giustificazione attende di essere rimpiazzata da una migliore: come dice Musil le sue leggi non vanno mai ritenute incrollabili”.

Raffaello: la conoscenza delle cause (Musei Vaticani)

Quanto ai poeti, mi vien da citare giusto Leopardi e Pessoa, le cui trasparenti parole sulla questione non richiedono ulteriori commenti.

"E tanto è miser l’uomo quant’ei si reputa … Così tanto è soddisfatto nell’uomo il desiderio di conoscere dalla credenza di conoscere … che solamente può esser soddisfatto dalle illusioni e dalle false persuasioni di conoscenza" (Giacomo Leopardi, Zibaldone).

"Non subordinarsi a niente, né a un uomo né a un amore né a un’idea; avere quell’indipendenza distante che consiste nel diffidare della verità e, ammesso che esista, dell’utilità della sua conoscenza" (Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine).

Giorgio de Chirico: Enigma di una giornata

Tra i pensatori “non filosofi, non poeti, e nemmeno scienziati”, Edgar Morin è uno di quelli che affronta l’argomento con apprezzabile umiltà e sincerità. Anziché cercare argomenti per definire la conoscenza, egli va alla ricerca delle fonti delle nostre illusioni a proposito della conoscenza del vero e del reale. Ed è anche il più saggio, perché ragionare umilmente sui limiti è la grande forza della conoscenza, non la peggiore delle sue debolezze.[3]

C’è poi tutta quella conoscenza che riguarda il bello, il buono, il giusto, l’utile, il poetico e altre astrattezze. Conoscenze, queste, che forse hanno meno pretese (ma non molte di meno) di avere a che fare col vero. Qui la scienza è davvero marginale e gli scienziati hanno assai poco da dire. Riguardo alle vie non scientifiche per addivenire all'invocata conoscenza del bello, del buono, del giusto e così via, c’è chi invoca un non meglio precisato riconoscimento dell’ordine armonico”, chi invoca l’accesso al mondo delle idee attraverso una fantomatica reminiscenza della Conoscenza in sé (Platone, Menone), chi l’accesso al divino per via intellettuale (Spinoza, Etica) o per via mistica (i grandi mistici della storia). Insomma, c’è da sbizzarrirsi. Per fortuna Musil corre in nostro soccorso affermando chenegli uomini la bellezza e la bontà derivano da ciò che essi credono e non da ciò che essi sanno”. Meno male che Musil c’è.

Mai che nessuno faccia cenno alla cultura, all’esperienza, all’aver visto, all’aver studiato, all’essersi applicati (oppure nel non aver fatto nulla di tutto ciò). È in quegli atti che si forgiano alcune conoscenze e, con queste, le predilezioni, i gusti, e i valori che attribuiamo alle cose e alle idee. Uno dei pochi a far cenno a ciò è ancora il nostro buon Leopardi: "Il desiderio di conoscere non è per massima parte se non l’effetto della conoscenza" (Zibaldone). Ed ecco che ancora Musil ci sostiene, ricordandoci che gli uomini devono avere il coraggio di decidere che cosa ha valore e che cosa non ne ha”. Meno male che Musil c’è.

Caspar David Friedrich: Il viandante sul mare di nebbia (1818)

Dopo tutto questo ragionare vado a vedere che cosa afferma Wikipedia.it a proposito della conoscenza. Apro la pagina e leggo:

La conoscenza è la consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni ottenute attraverso l'esperienza o l'apprendimento (a posteriori), ovvero tramite l'introspezione (a priori). La conoscenza è l'autocoscienza del possesso di informazioni connesse tra di loro, le quali, prese singolarmente, hanno un valore e un'utilità inferiori”.

Preferisco Musil. Incomparabilmente più fascinoso.

 

 

 



[1] Marco Aurelio. Pensieri - L'arte di conoscere se stessi (Libro II: 15).

[2] Ludwig Wittgenstein. Della certezza.

[3] Edgar Morin. Metodo. Vol. 3. La conoscenza della conoscenza. Raffaello Cortina Editore, 2007

Nessun commento:

Posta un commento