In tutte le civiltà i numeri sono stati parte integrante della vita, dell’azione, della storia e della civilizzazione dell’uomo. Essi sono sempre con noi, alla stregua di oggetti naturali da cogliere e utilizzare a piacimento. Tale e tanta è la consuetudine che abbiamo con essi e la dimestichezza con cui li maneggiamo che nemmeno ci viene in mente di interrogarci sulla loro natura, o sulla loro reale esistenza.
Nella storia dell’uomo troviamo i
primi numeri scritti nelle tavolette d’argilla babilonesi. Molte di queste registravano
compravendite, transazioni, gestioni di magazzino per lo stoccaggio del grano o
del vino, registrazioni dei compensi per gli operai. Un uso pratico, dunque. Ma
l’uso pratico del numero è cosa ben più antica. Ne hanno certamente fatto buon uso
anche i popoli delle caverne antecedenti a qualunque genere di scrittura. Non è
difficile immaginare un cavernicolo che informa la moglie di avere catturato
“due” conigli o nell'atto di minacciare un figlio recalcitrante di dargli
“quattro” scoppole.
Ma nelle tavolette babilonesi scritte
in caratteri cuneiformi troviamo già molto di più. Vi si trova la matematica
già in forma quasi astratta. Famosa è la tavoletta chiamata Plimpton 322
(dalla collezione Plimpton della Columbia University), risalente a circa
duemila anni prima dell’era cristiana. Vi è incisa una tabella di numeri (4
colonne per 15 righe), riportante una lista di soluzioni del teorema di
Pitagora.
Tavoletta babilonese detta Plimpton 322 |
I numeri, dunque, esistono davvero
in natura o sono una invenzione dei cervelli come quello dell’uomo e di qualche
altro animale?
Sulla questione Galileo sembrava
non avere dubbi: “L’universo non si può intendere se prima non s’impara a
conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica,
e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche” (Il
Saggiatore, 1623). D’altra parte Galileo era uno scienziato, e lo scienziato,
si sa, deve misurare, soppesare, confrontare, e i numeri servono proprio a
questo: sono un modo per descrivere qualcosa.
Ma i numeri sono qualcosa di reale,
nel senso che esistono in natura, o sono strumenti ideati per
descrivere, comprendere, progettare, eseguire? A sentire Galileo i numeri esistono
in natura, ne sono una componente strutturale e la natura può essere compresa
solo attraverso essi. Per Platone, al contrario, i numeri esistono nel
mondo delle idee, quello stesso mondo che Karl Popper indicava col nome
di mondo 3: il mondo dei “contenuti oggettivi di pensiero”,
specialmente dei pensieri scientifici, di quelli poetici e delle opere d'arte.
A questo mondo delle idee, però, appartengono anche “oggetti” (come la poesia e
l’opera d’arte) non pienamente comprensibili e descrivibili, oggetti che
l’insigne matematico Roger Penrose indica con l’attributo molto chiaro
di “misteri”.
Vi sono dei numeri il cui statuto
ontologico è talmente chiaro che sembrano esistere davvero. 0 e 1
appartengono a questa categoria. Rappresentano il nulla e l’unità, il non
essere contrapposto all'essere nella sua immagine essenziale e unitaria. Zero
e uno sono anche il fondamento della descrizione digitale del mondo.
Calcolatori, smartphone, computer, immagini e trasmissioni digitali: tutto ciò che viene descritto del mondo con l’ausilio degli strumenti
digitali e dell’intelligenza artificiale è composto da stringhe costituite
unicamente dai numeri 0 e 1. Questi due numeri che richiamano la distinzione
parmenidea di due mondi contrapposti (l’esistenza e la non esistenza) nella
loro estrema semplicità sembrano descrivere l’intero universo e se non fossero
costituenti strutturali della natura, lo sono diventati, creati dalla mente
umana. A livello simbolico queste due cifre rappresentano tutti gli opposti che
la mente umana è in grado di immaginare: l’esistenza e la non esistenza, la
destra e la sinistra, il maschio e la femmina, la luce e le tenebre, il giusto
e l’ingiusto, il male e il bene: si va quindi dalla descrizione pura e semplice
del mondo alla sua rappresentazione etica ed estetica.
Ma vi sono altri numeri il cui
statuto ontologico è più complicato da comprendere. Uno di questi è il
famosissimo Pi greco (p),
la costante matematica che definisce il rapporto tra la circonferenza e il
diametro del cerchio. Ma qui la situazione si fa ancora più complicata. Per
prima cosa, infatti, il p non può essere calcolato per intero (le cifre
che lo compongono sono probabilmente infinite). Inoltre, anche quando si parla
di “cerchio”, “diametro” e “circonferenza” si fa riferimento a forme ideali
o idealizzate di oggetti naturali.
Si è accennato ai numeri anche
per la loro capacità di rappresentare contenuti estetici o di trasformarsi essi
stessi in contenuti estetici. Personalmente amo particolarmente i numeri
primi (1, 3, 5, 7, 13, 17 …) e credo che il loro fascino sia quello
dell’indivisibilità, che fornisce loro una corazza insondabile. E che dire della
Successione di Fibonacci, ove ogni cifra corrisponde alla somma delle
due cifre precedenti? Non ha un che di seducente?
Successione di Fibonacci |
E che dire della rappresentazione
grafica di questa successione, che ricorda e descrive molte strutture presenti
in natura. Non ha un che di meraviglioso?
Trasposizione grafica della Successione di Fibonacci e la spirale di una chiocciola
Ma i matematici, che vedono nei
numeri molto più di noi esseri umani normali, trovano “il bello” in
formule più complesse, dove numeri e lettere rappresentano costanti e funzioni.
Per loro, le formule in assoluto più belle (nella loro essenzialità e nella
loro potenza descrittiva) sono la formula di Einstein riguardante la relatività
ristretta
E = mc²
e la cosiddetta Identità di Eulero
eiπ+1=0
La mia mente fatica a vedere
questa bellezza, ma mi devo fidare di chi sa leggere i numeri in maniera più
profonda di me.
Non credo che i numeri esistano
in natura e non credo, come affermava Galileo, che l’universo sia scritto
in lingua matematica. Essi esistono però come simboli nel mondo delle
idee. Nati come strumenti al servizio della praticità, sono presto
diventati simboli di altre idee, metafore, categorie etiche ed estetiche, fino
a diventare forme poetiche e artistiche.