Quando si naviga in rete, ai "mi piace", ai numeri delle "visualizzazioni", alla quantità di pagine web che trattano di questo o di quell'argomento, bisogna guardare con circospezione. Tuttavia, i numeri sono numeri e dietro alle cifre c'è sempre qualcosa, o qualcuno.
Se si confronta il numero di pagine web in cui si parla di CLIMA col numero di pagine che riguardano altri argomenti si possono trarre indizi su ciò che alla gente (l'immenso popolo del web) interessa. Qui di seguito un esempio.
Milioni di pagine
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CLIMA (ita)
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455
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CLIMATE (ing)
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1280
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GRETA THUNBERG
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324
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DONALD TRUMP
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1050
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LUIGI DI MAIO
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10
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SESSO (ita)
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123
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SEX (ing)
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4810
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In assenza di altri parametri, i
numeri possono essere interpretati in mille modi e forniscono una rappresentazione gerarchica molto aleatoria dell’importanza relativa dei rispettivi temi. Ciò non toglie che l’elevato numero di pagine riguardanti il Clima
(e l'analogo inglese Climate) indicano l’enorme interesse che
questo tema sta riscuotendo. Il clima, d’altra parte, ci riguarda tutti e ci
preoccupa.
Il termine clima deriva dal
greco κλίνω (klíma) che significa inclinazione. I greci si riferivano all'inclinazione dei raggi solari rispetto al suolo, un'inclinazione che aumentava progressivamente andando dalle regioni torride equatoriali a quelle dell'estremo nord. Secondo Aristotele, la possibilità della vita è direttamente correlata a
questa inclinazione, divenendo impossibile dove questa è minima (deserti equatoriali)
o massima (regioni ghiacciate del nord).
Nella geografia tolemaica (fino al medioevo e al primo rinascimento), il mondo veniva rappresentato come suddiviso in regioni climatiche chiamate climăta (dal greco klíma-atos) che significava, per l'appunto, “regioni”. Il clima aveva quindi una connotazione geografica correlata alle condizioni meteorologiche che oggi chiamiamo condizioni “climatiche”.
Nella geografia tolemaica (fino al medioevo e al primo rinascimento), il mondo veniva rappresentato come suddiviso in regioni climatiche chiamate climăta (dal greco klíma-atos) che significava, per l'appunto, “regioni”. Il clima aveva quindi una connotazione geografica correlata alle condizioni meteorologiche che oggi chiamiamo condizioni “climatiche”.
Macrobius: Mappa Mundi (sec. XII) |
Oggi il termine clima ha
perso le sue connotazioni territoriali e si riferisce a un complesso sistema di
variabili misurabili tra loro interagenti (temperatura, venti, precipitazioni, soleggiamento, umidità,
altitudine, ecc.) che, prese nel loro insieme, determinano e influenzano le condizioni
di vita in un determinato territorio. Data la mutabilità delle variabili
considerate, le condizioni climatiche “medie” riguardano periodi di tempo relativamente lunghi. Le variazioni climatiche
vengono considerate “significative” quando i vari parametri (temperatura,
precipitazioni, ecc.) di un periodo trentennale si discostano in modo rilevante
e permanente dal periodo trentennale precedente. La nostra epoca è caratterizzata da un mutamento climatico significativo caratterizzato da un riscaldamento che
coinvolge l’intero pianeta: è il riscaldamento globale.
Fu solo nel Settecento che la
parola “clima” è entrata nell’uso comune col significato che oggi le
attribuiamo. Furono le tecnologie del XVIII secolo (termometri, igrometri,
barometri, etc.) a rendere possibili, affidabili e riproducibili, le
misurazioni delle variabili che, assieme, costituiscono il clima. Da
allora si sono registrati tre picchi nella frequenza d’uso del termine. Uno a
metà del Settecento, uno a metà dell’Ottocento e uno – che ci riguarda – nel
quarantennio che va da 1980 ad oggi (vedi figura. Per l’originale vedi all’URL). I picchi del Settecento e
dell’Ottocento sono direttamente collegati con l’espansione delle scienze che hanno
cominciato a considerare il clima come oggetto di studio. Il picco odierno è
dovuto alla diffusa preoccupazione sociale riguardante le variazioni climatiche
che influenzano negativamente la vita sulla terra, ivi incluse le occupazioni
umane.
Alexander von Humboldt (1769-1859),
nato nell’anno in cui James Watt inventava la macchina a vapore e
morto nell’anno in cui Charles Darwin pubblicava l’Origine delle
specie, era considerato il più grande scienziato del suo tempo, l’ultimo
degli scienziati enciclopedici, il cui interesse copriva l’intero arco delle scienze fisiche,
chimiche, e naturali. Osservatore e misuratore di ogni cosa, si occupò anche di
clima e fu un pioniere della climatologia.
Alexander von Humboldt, circa 1855 © Hulton Archive/Getty Image |
Egli trattava il clima come
fattore determinante nelle dinamiche riguardanti la vita delle piante, degli
animali e dell’uomo, ivi comprese le sue attività. Un vero pioniere dell’ecologia.
Fu anche il primo ad avere una visione lungimirante dei cambiamenti climatici
causati dall'uomo. Aveva osservato di persona gli effetti devastanti della
deforestazione ad opera degli spagnoli nella regione del Lago Valencia, in
Venezuela: la terra resa arida, la riduzione del livello delle acque dei laghi
e dei fiumi, la scomparsa del sottobosco. Fu il primo a spiegare l’importanza
delle foreste per la ritenzione idrica a tutela del terreno dall'erosione. In
tempi non sospetti, annunciò che l’uomo stava interferendo sul clima e che
tutto questo poteva avere un imprevedibile impatto sulle generazioni future. Le
sue parole suonano oggi profetiche.
Qui di seguito un suo passo sulla
complessità del clima, sulla metodologia che si richiede alla climatologia per
farne una scienza, e sugli effetti del clima sull'uomo, sulle sue attività,
sulle sue capacità.
Il passo è tratto da Kosmos
(Il Cosmo). Una descrizione fisica del mondo, nella prima traduzione
italiana a cura di Vincenzo degli Uberti (Stamperia del Vaglio, Napoli,
1850).
Il vocabolo Clima, preso nella
sua significazione più larga, significa il complesso de’ cambiamenti e delle
condizioni dell’atmosfera che visibilmente affettuano i nostri organi: la
temperatura, l’umidità, la variazione della pressione barometrica, la quantità
della tensione elettrica, la purezza dell’atmosfera e la sua mescolanza di
esalazioni più o meno deleterie, ed infine il grado di ordinaria trasparenza
dell’aria e di serenità del cielo, che ha una influenza importante non solo
sullo svolgimento organico delle piante e del maturamento de’ frutti, ma sì
ancora su’ sentimenti e sulle facoltà intellettuali dell’uomo (p. 425) …
Annoverando le cause che alzano
o abbassano la temperatura, alle prime appartengono: la vicinanza di una
costa; la configurazione sinuosa della costa con baie profonde o mari interni;
il predominio dei venti; le catene dei monti che stanno a guisa di ripari
protettori contro i venti; la rarità di pantani e paludi; la mancanza de’
boschi. Fra le cause raffreddatrici, l’elevazione sul livello del mare, la
configurazione unita ed ammassata di un continente; la lontananza da zone
tropicali riscaldate dai raggi del sole; le catene dei monti che impediscano
l’accesso de’ venti caldi; le foreste che sono d’ostacolo al riscaldamento
della terra; paludi che nel settentrione formano una specie di ghiacciaia
sotterranea; un cielo chiaro e sereno d’inverno (p. 428-429) …
Bisogna osservare che i diversi
ordini di cause disturbatrici vanno esaminati separatamente ma bisogna anche
considerare la loro influenza unita e l’opera di ognuna nel modificare,
distruggere, rafforzare le altre … E però pensomi che codesto sia lo spirito
del metodo che possa un giorno impiegarsi per adunare coll’aiuto di leggi
empiriche espresse numericamente, una vasta serie di fatti apparentemente senza
senso e per manifestare la loro reciproca dipendenza (p. 429).
A latere e quasi a suggello dei
suoi avvertimenti, va segnalato che a Merida (Venezuela), a causa del
riscaldamento globale, il ghiacciaio che gli è intitolato è ormai praticamente
scomparso: ciò che rimane è un miserevole rigagnolo.
La valle in cui si stendeva il ghiacciaio von Humboldt (Merida, Venezuela) |
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