mercoledì 19 dicembre 2018

L’UCCELLO DEL PARADISO – PARADISAEA APODA

Uccello del Paradiso

In uno dei precedenti post (L'Uccello del Paradiso: Una Metafora) s’era s'era già discusso della faccenda dell’Uccello del Paradiso per sottolineare come anche gli esseri umani più intelligenti del mondo – tali, nel passato, si ritenevano infatti gli Europei – cadevano vittime di malintesi e della loro presunzione.  

Qui si riprende la questione per approfondirne il ragionamento. Per farlo, si useranno le parole che Alfred Wallace (il co-scopritore, assieme a Charles Darwin, dell’evoluzione degli esseri viventi). Le parole di Wallace sono tratte da osservazioni dirette effettuate tra il 1856 e il 1860 e da notizie storiche pubblicate nel 1869 in L’Arcipelago Malese. I passi qui riportati sono alle pagine 443 e 549-554 dell’edizione MacMillan del 1872.

Ecco come Wallace descrive la strana storia dell’uccello senza zampe.

Disegno di antico esemplare di Uccello del Paradiso
"Quando i primi viaggiatori provenienti dall’Europa arrivarono alle Molucche in cerca di chiodi di garofano e di noce moscata, che erano allora spezie ricercate e preziose, furono mostrate loro le pelli essiccate di uccelli talmente strani e meravigliosi da suscitare l’ammirazione anche nei peggiori pirati in cerca di ricchezze. I commercianti malesi li chiamavano Manuk dewata, vale a dire Uccelli degli Dei. I Portoghesi, vedendo che essi non avevano né zampe né ali e non essendo in grado di raccogliere informazioni veritiere su di essi, li chiamarono Passeri del Sole. I più istruiti Olandesi, che erano in grado di scrivere in latino, li chiamarono Avis Paradiseus, vale a dire Uccelli del Paradiso. Era stato l’esploratore olandese Jan Huighen van Linschoten (1563-1611) a dare loro questo nome nel 1598, affermando che nessuno aveva mai visto vivi tali uccelli in quanto essi vivevano in cielo ruotando attorno al sole e non scendevano mai a terra se non quando morivano. Perciò non avevano né ali né zampe, come si poteva ben vedere negli esemplari portati in India e più raramente in Olanda  nel resto d'Europa. Oltre un secolo dopo, il signor William Funnel, che aveva accompagnato il Capitano William Dampier nel suo giro attorno al mondo [1703-1706], scrisse di avere visto questi uccelli nell’isola di Ambon e che essi, arrivati all’isola di Banda per mangiare le noci moscate di cui erano ghiotti, ne rimanevano intossicati cadendo a terra privi di sensi e qui venivano uccisi dalle formiche. Quando, nel 1760, Linneo diede a una delle specie più grandi di questi uccelli il nome di Paradisaea apoda (Uccello del Paradiso senza i piedi) nessuno in Europa aveva ancora mai visto un esemplare perfettamente conservato di tali uccelli e di essi non si sapeva assolutamente nulla. Ancora oggi, un secolo dopo, alcuni libri affermano che essi migrano annualmente a Ternate, Banda, Ambon, mentre è vero il contrario, vale a dire che in dette isole questi uccelli, allo stato selvatico, sono del tutto assenti non meno che in Inghilterra … Nell’arcipelago malese, questi uccelli sono chiamati Burong mati, vale a dire Uccelli Morti, facendo così comprendere che nemmeno i commercianti malesi ne avevano mai visto uno vivo".

Acconciatura di piume di Uccello del Paradiso nella tradizione dei cosiddetti “selvaggi”
Ed ecco come, sempre con le parole di Wallace, i nativi si procuravano i volatili e li lavoravano per poterli commercializzare.

"Sull’isola di Aru, i nativi cacciano gli Uccelli del Paradiso usando arco e frecce. La punta di queste è sagomata a forma conica come una tazzina da tè in modo da non trafiggere l’uccello  (la qual cosa rovinerebbe le penne) ma di metterlo fuori combattimento con la sola violenza del colpo. Poiché questi uccelli si riuniscono in gran numero su certi alberi, il cacciatore si apposta su uno di essi prima che sorga il sole, nascosto sotto una coltre di foglie. All’alba, quando gli uccelli si riuniscono, il cacciatore scocca i suoi dardi. La caccia continua fintanto che gli uccelli non si rendono conto della presenza del cacciatore e fuggono. A terra, un ragazzino raccoglie gli uccelli intontiti dal colpo e li uccide immediatamente.
Per conservare gli uccelli catturati, per prima cosa i nativi tagliano loro le ali e le zampe. La pelle viene tagliata lungo tutto il corpo fino al becco e viene rimosso tutto lo scheletro lasciando solo il cranio. Viene poi infilato nel corpo uno stecco che fuoriesce dalla bocca e il corpo viene riempito di foglie. Avvolto il tutto in foglie di palma, l’uccello viene fatto seccare in un affumicatoio. Così facendo, la testa, che è abbastanza grande, si riduce a un nonnulla, e anche il corpo diviene molto più piccolo e corto, tutto ciò snatura le vere proporzioni dell’uccello vivo ma dà maggiore preminenza al piumaggio. Questo oggetto è un articolo di commercio locale assai importante in Oriente e le piume vengono spesso usate per i copricapo delle donne".
Acconciatura femminile occidentale certamente non meno “selvaggia”
Questa affascinante storia dovrebbe veicolare due insegnamenti: il primo, di carattere generale, sui processi cognitivi fondamentali dell’uomo. Il secondo, di carattere epistemologico, sul come il pensiero scientifico occidentale si innesti su tali processi cognitivi fondamentali.

Sulle cause e sugli effetti.
L’esperienza mostra che certe cause (note a chi osserva) producono certi effetti. Reciprocamente, certi effetti (evidenti a chi osserva) sono necessariamente provocati da certe cause, siano queste note o ignote. Se un uccello è privo di ali e di zampe, debbono esservi cause che spiegano il fenomeno osservato. La mente, a questo punto, ipotizza e costruisce le cause ignote in modo tale che la relazione causa-effetto si autosostenga. Questo sistema cognitivo fondamentale (ragionamento causale) non è esclusivo del razionalismo scientifico ma è condiviso con altri “saperi” facenti capo, per esempio, alle pratiche magiche e alle credenze mitologiche o religiose. Dato un fenomeno, vi sono cause necessarie che lo producono. La conoscenza non si limita a descrivere il fenomeno come tale, ma ambisce a riconoscerne le cause efficienti. Se un sasso lasciato cadere finisce al suolo, una causa (scientifica) può essere una forza chiamata gravità, ma un’altra causa (parascientifica o mitologica) è che la terra chiama a sé la terra, come l’aria chiama a sé l’aria o il fuoco chiama a sé il fuoco. Se mi viene una gastroenterite, la causa (scientifica) è che sono stato colpito da un enterovirus, mentre la causa magica è che qualcuno mi ha fatto il malocchio, e la causa religiosa è che vengo punito perché ho peccato. Il ragionamento – il modello cognitivo – è sempre lo stesso: nella scienza, come nella magia, come nelle credenze religiose. Ciò che cambia (e che fa una grande differenza) è il quadro culturale di riferimento e il metodo di cui ci si serve applicando quel modo di ragionare. Nulla toglie che il soggetto pensante presti fede contempraneamente a più quadri di riferimento: la scienza per spiegare le cause di certi fenomeni, la religione per darne conto di altri, e forse anche la magia, per quegli ambiti dell'ignoto ove scienza e religione non osano avventurarsi. Un teorico del management e dell’organizzazione (Russell Lincoln Ackoff, 1919-2009) avrebbe affermato che "Meno comprendiamo un fenomeno, più variabili cerchiamo per spiegarlo". Questo meccanismo cognitivo universale è alla base della spiegazione data alla faccenda degli uccelli senza zampe.

I condizionamenti culturali e psicologici giocano un ruolo assai rilevante nel decidere quale fra le potenziali cause di un fenomeno prendere per buona. Ogni epoca e ogni cultura ha i propri condizionamenti che indirizzano le scelte. Si può considerare il fatto che in un'epoca in cui la religione, il magico e l’esoterico potevano anche prevalere sul freddo ragionamento pratico e scientifico (quest’ultimo allora agli albori), la causa della assenza delle zampe in quei magnifici uccelli provenienti dalle mitiche regioni d’Oriente richiamasse situazioni e poteri eccezionali, fino ad allora mai visti nel nostro ristretto mondo. Pertanto, alla spiegazione più ovvia che le zampe fossero state tagliate per motivi pratici di conservazione, fu preferita una causa più extramondana, quella di un uccello paradisiaco, che vola perennemente attorno al sole e che non si posa mai a terra. 

Linneo
Se questo era il condizionamento culturale in un’Europa per molti versi ancora erede del sapere medioevale, si può anche comprendere come anche il grande e sapiente Linneo, medico del Re di Svezia, Direttore dei Giardini Botanici Reali, e rivoluzionario del sistema di classificazione nell’ambito delle scienze naturali, sia potuto cadere nell’errore. 
Linneo aveva proposto di sostituire le complesse classificazioni naturalistiche allora in uso (che erano sostanzialmente delle lunghe descrizioni) con due soli nomi: il primo indicante il genere (per esempio "Homo", nel caso dell’uomo) e il secondo indicante la specie (per esempio "sapiens", nel caso della nostra specie). In tal modo, egli aveva dotato le scienze naturali di una terminologia sistematica semplice e universale, rendendole meno descrittive e avvicinandole al mondo delle scienze esatte. Nel caso dell’Uccello del Paradiso, il genere (del tutto nuovo e sconosciuto) fu chiamato Paradisaea e la specie (sconosciuta anch’essa) fu chiamata apoda, indicando con ciò lo strano caso dell’uccello senza i piedi. Ecco come il pensiero scientifico, ancora condizionato da una cultura prescientifica, si innestava nel sistema cognitivo universale dell’uomo che ricerca (a costo di inventarle di sana pianta) cause che rendano conto degli effetti che sono sotto i nostri occhi. 

Per fortuna, a differenza di altri saperi più dogmatici, la scienza contiene in sé gli anticorpi per ravvedersi, sostituendo, quando vi siano nuovi elementi probanti, cause divenute insostenibili con cause più plausibili alle quali, però, il termine di “verità” non si addice, poiché lo statuto della scienza stabilisce che ogni spiegazione possa essere sempre sostituita da un'altra che si dimostri migliore.
L’ultimissima notazione è la seguente curiosità: la dizione linneana, Paradisaea apoda, definisce tutt’ora una specie di Uccello del Paradiso e la si può trovare sui cartellini che contrassegnano quella particolare specie nei vari musei di Storia Naturale del mondo. Si può conservare memoria dei propri errori per evitare di ripeterli.




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