domenica 9 dicembre 2018

DOMANDE E RISPOSTE SU L'EVOLUZIONE - XVIII^ parte

DIVENTARE UMANI: LA RADICE DELL’ANIMA

In questa puntata si affronta un tema rischioso, quello dell'origine evolutiva delle caratteristiche che riteniamo esclusive dell'uomo: etica, spiritualità, anima. Il professor Rugarli risponde a una articolata domanda su questo tema quasi spericolato in cui si tenta una sintesi quasi impossibile tra biologia e filosofia.


Domande e Risposte
# 27

Domanda 27. Etica, spiritualità/religione e anima sono elementi che l’uomo si auto-attribuisce in modo esclusivo, ponendo nel possesso di questi elementi il carattere distintivo dell’essere “umani”, separati e distinti da tutti gli altri esseri viventi e ad essi superiori. Da dove vengono queste caratteristiche? Come si sono evoluti fenotipi così distintivi?

L'australopiteco più famoso: Lucy
Riproduzione del Museo di Storia Naturale di Huston, Texas
A un certo punto del tempo e dello spazio un australopiteco, o un suo discendente, avrà sentito dentro di sé esigenze (e paure) che nessun altro organismo prima di lui doveva aver provato. Possono queste nuove esigenze (che sono metafisiche pur avendo radici nell’esperienza concreta) essere tradotte in domande e in risposte prima del possesso di un adeguato linguaggio simbolico? Non è detto che addurre l’esempio del bambino – che certamente si rappresenta determinate esigenze prima di possedere un linguaggio per esprimerle – sia un giusto esempio probatorio. Infatti, il bambino, a differenza di altri animali, se ancora non possiede il vocabolario, già possiede però la struttura linguistico-mentale per la rappresentazione simbolica. Quindi, a monte della “nuova esigenza” e a monte del linguaggio necessario per rappresentarla, deve essersi formata una struttura linguistica idonea alla rappresentazione simbolica e, contemporaneamente, deve essersi formata una struttura di pensiero in grado di rappresentare la “coscienza di sé, la coscienza di sé rispetto agli altri, la coscienza di sé e degli altri rispetto al tempo”. Nel contempo, deve essersi formata una serie di “esigenze” (o risposte) relative alla collocazione di questo “sé cosciente nel tempo”, in relazione a tutto il resto.
Una certa coscienza di sé esiste certamente in molti animali, come pure esiste – soprattutto negli animali sociali – la coscienza di sé in rapporto agli altri. Una certa coscienza del tempo sembra essere presente in alcuni mammiferi, come pure la consapevolezza (apparentemente accompagnata a dolore) della morte degli altri individui della propria specie. Inoltre, gli animali sociali rispettano regole di comportamento anche complesse: regole da cui dipende la stabilità e la sopravvivenza del gruppo. Queste regole rappresentano verosimilmente il nucleo originario di una struttura neurocomportamentale la cui evoluzione darà luogo alla comparsa di “doveri e valori” (etica) cui attenersi nel comportamento relazionale. La spiritualità e l’etica nascerebbero pertanto dall’estendersi di strutture neurali di tipo linguistico, adattate, cooptate o quantomeno collegate, con la facoltà di pensare e di esprimere formalmente il pensiero. In questo contesto, l’anima si sarebbe sviluppata come sovrastruttura ideale (una categoria del pensiero) resa possibile da una concreta struttura fisica neurolinguistica, una categoria del pensiero in cui far confluire sostanzialmente l’esperienza del male e l’idea del peccato, ovvero quegli elementi del comportamento propri dell’uomo ma che sono contrari alle regole di comportamento codificate dal gruppo.
La spiritualità è figlia evolutiva della coscienza, coscienza che non viene da sola ma accompagnata da infinite domande. Come sono fatte le cose? (nascita della conoscenza). Dove vanno le cose? (nascita del culto dei morti). Da dove vengono le cose? (nascita delle cosmologie e delle mitologie). C’è un ponte tra le cose che sono, quelle che sono state e quelle che saranno? C’è un senso o un disegno in tutto ciò? (nascita dell’esigenza religiosa).      

Etica e Diritto
L’etica e il diritto, ma anche il peccato e l’anima sono figli evolutivi di modelli di comportamento selezionatisi nel tempo. Dal conflitto tra gruppi si selezionano (si percepiscono e si trasmettono come “buoni”) i comportamenti utili al gruppo: solidarietà, coesione, collaborazione. I comportamenti inutili o dannosi per il gruppo sono percepiti e trasmessi come inopportuni, dannosi, “cattivi”. Il consenso sociale sostiene i comportamenti utili; il diritto sancisce pene per i comportamenti dannosi, e il dissenso sociale per questi comportamenti genera l’idea di peccato, vergogna, inferno.
Questa visione biologica dell’evoluzione della spiritualità e dell’anima non è infinitamente lontana (a volte è anzi sorprendentemente vicina) ad altre modalità di pensiero: da quello metafisico a quello teologico.  
Aristotele e Platone suddividevano le proprietà dell’anima in vegetativa, propria di tutti gli esseri viventi; sensitiva, propria di tutti gli animali; intellettiva o spirituale, propria della stirpe umana. La razionalità è stata variamente intesa come capacità di coscienza (il cogito di Descartes), di giudizio (Kant), di azione sociale (Hobbes), di elaborazione simbolica e linguistica (Cassirer), di fabbricazione di artefatti (Bergson). 
Joseph le Conte, geologo americano della fine del XIX secolo, afferma che il principio vitale delle piante e l’anima dei bruti sarebbero stadi della vita embrionale dello spirito, che conferisce all’uomo la ragione per immaginare e definire la propria libertà e la propria immortalità (Le Conte J. Evolution and its relation to religious thought. The relation of Man to Nature. 1887: citato in Antonio Fogazzaro. Per un recente raffronto delle teorie di Sant'Agostino e di Darwin circa la Creazione. Libreria Editrice Galli, Milano 1892).
Il gesuita e paleontologo Pierre Teilhard de Chardin, in Il fenomeno spirituale” (1937), descrive così la nascita del diritto, della morale, e del fenomeno spirituale nei gruppi umani primitivi: «In gran parte, la morale è nata come una difesa empirica dell’individuo e della società. Non appena gli esseri intelligenti sono venuti a contatto, dato che vi erano attriti, hanno sentito il bisogno di proteggersi contro i reciproci soprusi.  E non appena si è rivelata, empiricamente, un’organizzazione che garantiva a ciascuno più o meno ciò che gli spettava, questo stesso sistema ha sentito il bisogno di garantirsi a sua volta contro i mutamenti che fossero venuti a rimettere in questione le soluzioni accettate, e turbare l’ordine sociale stabilito», una sorta di genesi dello spirito sotto la spinta delle leggi della materia.  Teilhard de Chardin va anche oltre coniando la Legge di Complessità e Coscienza: la materia, secondo questa legge, avrebbe un’insita tendenza a diventare sempre più complessa e, allo stesso tempo, ad accrescere la quantità di (auto)-coscienza (L'avvenire dell'uomo (1959), Il Saggiatore, Milano 1972). 
Il poliedrico ricercatore americano Stuart Kaufmann è giunto, attraverso un percorso scientifico tutt’affatto diverso, a proporre un concetto non molto dissimile da quello enunciato da Teilhard de Chardin. Nell’universo l’ordine emerge dal disordine e i crescenti livelli di complessità fanno a loro volta emergere la coscienza. È solo in quest’ottica, ovvero riconoscendo la presenza della coscienza nell’universo, che si può ritenere che esista un vantaggio selettivo nel determinarsi della coscienza e del libero arbitrio (Stuart Kaufmann. Reinventing the Sacred, Basic Books, Perseus Books Group, New York, 2008; Stuart Kaufmann. Five problems in the philosophy of mind. 2009, Vedi al LINK). 
Infine ci possiamo riferire a San Tommaso attraverso la mediazione di Antonio Fogazzaro. Considerata l’ontogenesi dell’anima umana descritta da S. Tommaso non in conflitto con la teoria darwiniana [vedi al post DOMANDE E RISPOSTE SU L'EVOLUZIONE - XV^ parte], Antonio Fogazzaro si domanda: «Se il corpo umano è derivato da un organismo inferiore di specie diversa, anche l’anima ha origine da un’anima inferiore, cui un sopraggiunto complemento di perfezione ne muterebbe la specie» (Fogazzaro A. Per un recente raffronto delle teorie di Sant'Agostino e di Darwin circa la creazione. Galli, Milano, 1892, p. 85).
Dopo tutto ciò, la domanda che emerge è molteplice: esiste un punto di discrimine tra l’uomo e il non-ancora-uomo? Un punto in cui emerge la spiritualità e il non-ancora-uomo diventa uomo dotato di anima? L’Anima è una nuova qualità (un nuovo fenotipo) emersa dall’evoluzione dell’aggregazione della materia? Qual è, ci chiediamo con Kaufmann, l’utilità evolutiva o il vantaggio selettivo di avere una coscienza e un’anima?

Risposta 27. Questa è una domanda filosoficamente ambigua perché non si capisce da quale prospettiva viene posta. A prima vista sembra che la posizione filosofica di partenza sia il materialismo, o almeno il fisicalismo. Questo viene in mente leggendo la domanda: “L’Anima è una nuova qualità (un nuovo fenotipo) emersa dall’evoluzione dell’aggregazione della materia?”.  O frasi come “La spiritualità e l’etica nascerebbero pertanto dall’estendersi di strutture neurali di tipo linguistico, adattate, cooptate o quantomeno collegate con la facoltà di pensare e di esprimere formalmente il pensiero”. Tuttavia, nella premessa alla domanda sono citati filosofi non certamente definibili materialisti.
Non ho idee chiare in proposito e perciò non mi spingo a pronunciarmi sulla natura dell’anima (o spirito).  Vorrei tuttavia rilevare che esiste una certa somiglianza di stile tra il pensiero materialistico e quello di cattolici come Teilhard de Chardin e Antonio Fogazzaro, nel senso che hanno tendenza a mescolare due dei tre mondi di Popper (dei quali abbiamo già parlato rispondendo a un’altra domanda), quello fisico, che è di pertinenza della scienza, e quello che si svolge nell’ambito dell’attività intellettuale dell’uomo, che si pone in una dimensione completamente diversa.
Ne è un esempio la posizione ufficiale della Chiesa sulla fine della vita, nella quale non si fa distinzione tra vita biologica e vita umana.
Personalmente non sono materialista e non credo che la realtà possa essere totalmente spiegata con un approccio fisicalista. Perciò, l’idea di un’evoluzione dell’anima di pari passo con la evoluzione biologica mi sembra senza senso. L’anima, se così possiamo chiamarla, non è l’oggetto, ma solo il substrato dell’evoluzione culturale. Le strutture neurali sono solo il mezzo con il quale si sviluppa questa evoluzione, ma hanno un’esistenza distinta da quella dei suoi prodotti. Perciò penso che esista un punto di discrimine tra l’uomo e il non ancora uomo e il passaggio sia stato, per modo di dire, “puntiforme”, e corrispondente all’acquisizione di strutture neurali in grado di dare origine a quella che Aristotele chiamava l’anima intellettiva. Ma, una volta che questa è emersa, ha preso a evolvere indipendentemente dal corpo, incluso il cervello. D’altro canto Francois Jacob, che condivise con Jacques Monod e Andrè Lwoff il Premio Nobel per la medicina del 1965, nel suo libro La logique du Vivant (Gallimard, 1970), sostiene che l’evoluzione della vita è avvenuta per salti, per l’emergenza in alcuni punti cruciali di qualcosa di completamente nuovo, e l’ultima a emergere sarebbe stata proprio quella che ha consentito la umanizzazione.

Cervello, Mente, Anima
Nella domanda è espresso il concetto di “sé cosciente nel tempo”, come risultato dell’acquisizione dell’anima, che trovo difficile commentare. Infatti, si afferma che “l’anima si sarebbe sviluppata come sovrastruttura ideale (una categoria del pensiero) resa possibile da una concreta struttura neurolinguistica, una categoria del pensiero in cui far confluire sostanzialmente l’esperienza del male e l’idea del peccato, ovvero quegli elementi del comportamento propri dell’uomo e che sono contrari alle regole di comportamento codificate dal gruppo”. Ma non credo che si faccia confluire in questa categoria del pensiero soltanto l’esperienza di quello che, per un gruppo di umani, è considerato il male, non in senso metafisico, ma perché contrario a regole di comportamento giudicate utili. Immagino che si intendesse implicitamente che l’anima ha consentito di individuare un discrimine tra bene e male. Bisogna aggiungere che agire bene o male deve essere conseguenza di una scelta libera e non di un riflesso, sia pure condizionato, e questo marca una differenza importante tra l’uomo e gli animali. E questa è certamente un’affermazione molto stimolante, nel senso che spinge a porsi dei problemi sui quali i filosofi hanno già discusso in maniera approfondita. 
È anche apprezzabile che si cerchino nel mondo fisico, indagabile con il metodo scientifico, dei processi che possono condurre a interpretazioni originali di aspetti umani non pertinenti al campo della scienza. Che ci siano delle basi materiali perché emergano sovrastrutture non ascrivibili direttamente al mondo fisico è un tema importante di ricerca. Molti anni fa, l’oncologo Andrè Lwoff  scrisse un libro intitolato Le basi materiali della significazione (Bompiani, 1977) che, per questo argomento, mi sembra particolarmente interessante. Ma questo ha implicazioni filosofiche molto rilevanti sulle quali resto nella incertezza.
La parte finale della domanda, ispirata da Kaufmann, pone un quesito al quale non si può dare una risposta netta. Certamente l’intelligenza ha dato all’uomo un notevole vantaggio selettivo nell’evoluzione biologica, ma se consideriamo l’anima, con tutto ciò che vuol dire anche in termini di immaginazione, sentimenti e autocoscienza, questa mi sembra più importante per la evoluzione del "mondo tre" di Popper che per quella biologica. 

Diventare Umani



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