giovedì 22 febbraio 2018

PUNTO, LINEA, SUPERFICIE

“Questo lavoro conduce a delle rivelazioni interiori”. 

Non sono parole mie, ma di Wassily Kandisky, e appartengono alla frase conclusiva del suo Punto, linea, superficie, splendido saggio di teoria pittorica pubblicato nel 1926 ed edito in Italia da Adelphi nell’anno di grazia 1968.  Nella prefazione Max Bill afferma che il saggio va oltre il fatto pittorico e “abbraccia problemi generali dell’attività creativa”. Quanto a me, non faccio che riallacciarmi in modo strumentale e iconografico a questa affermazione, per parlare - come mio solito - di tutt’altro. Lo scopo è di “illustrare” (anche in forma grafica) come io vedo, ultra-semplificandolo, il modo di ragionare dell’essere umano.


Punto, linea, superficie 
Illustrazione della copertina, edizione Adelphi (1968)
Avvertenza importante: questo articolo non ha alcuna pretesa di verità e non si ricollega ad alcun particolare riscontro delle scienze psicologiche o neurobiologiche.  

L’idea di questo post mi è venuta mentre leggevo (La Lettura #324, 11 febbraio 2018) un articolo intitolato L’uomo è meno intelligente di quello che crede, un’intervista di Alessandra Rastelli a Steven Sloman, autore di un saggio in uscita in questi giorni, intitolato L’illusione della Conoscenza (Raffaello Cortina Editore). Il tema del libro (che non ho ancora letto ma che si profila interessante) ha a che vedere con i meccanismi con cui l’uomo ragiona e con il fatto, come si afferma nell’articolo, che il pensiero non si è evoluto per accumulare dettagli ma per scegliere le azioni con cui operiamo nel mondo, cogliendo ciò che è più utile e tralasciando il resto”. In altre parole, nel momento in cui facciamo l’operazione di scegliere”, non utilizziamo tutte le potenziali informazioni cui potremmo accedere, ma solo alcune, quelle che noi (vale a dire il nostro cervello) reputiamo più importanti.  
Detto ciò a titolo introduttivo, procedo a illustrare come “vedo” agire il nostro cervello.

Supponiamo di avere a disposizione un numero davvero scarso di informazioni: diciamo – al limite – di averne una sola (figura A). Se la nostra informazione è il puntino ROSSO (l’unica informazione che abbiamo), avremo un infinito numero di possibilità di scelta: potremo agire in modo estremamente vario, come rappresentato da ciascuna delle rette NERE disegnate nella figura. Ciascuna delle opzioni che scegliamo può tener conto dell'informazione in modo esatto (a sinistra) o approssimato (a destra).

Figura A
Se le informazioni raddoppiano (figura B, a sinistra), le possibilità di scelta si riducono in numero, ma diventano più coerenti con le informazioni disponibili. Di nuovo, la scelta può essere più o meno aderente all’informazione. Se le informazioni aumentano e se sono coerenti tra loro, la scelta può raffinarsi ulteriormente (figura B, a destra). 

Figura B
Ma se le informazioni NON sono tra loro coerenti, come spesso purtroppo accade nella vita reale? Allora bisogna scegliere. Se si attribuisce un uguale valore a ciascuna delle informazioni di cui si è in possesso e se si vuole fare una scelta mediana e prudenziale che tenga conto in modo paritetico di tutte le informazioni, si finisce con l’essere di fronte a numerose scelte, in gran parte contrastanti le une con le altre (figura C). Quando si è in possesso di due informazioni, la scelta è facile: un’informazione in più, non coerente con le prime due, rende la scelta più problematica.  

Figura C
Se, invece, a ciascuna delle informazioni è possibile attribuire un valore informativo specifico, le possibilità di scelta si spostano in relazione alla mediana del peso specifico di ciascuna informazione (figura D, a sinistra). Se ciò non accade, allora può essere il nostro cervello che, autonomamente, in base a precedenti esperienze o a pregiudizi o a semplici preferenze, attribuisce un peso diverso alle varie informazioni (figura D, a destra, con il peso dell’informazione autonomamente modificato indicato in giallo). In parole povere, il cervello riduce la conoscenza effettiva o potenziale per agevolare o indirizzare la scelta.    

Figura D
Se le informazioni sono troppe, il cervello entra in seria difficoltà: le opzioni diventano ingestibili e le scelte possibili sono tutte in contrasto le une con le altre (figura E).

Figura E
Eliminando le informazioni che ci sembrano meno rilevanti (alcuni dei punti della figura precedente senza cambiare nulla negli altri), la scelta viene enormemente facilitata (figura F).

Figura F
E infine, che cosa accade se il cervello è costretto a cercare soluzioni unitarie a un nuovo insieme di informazioni complesse? Messo di fronte a questo compito, esso sembra trovare un certo disagio nel dover creare nuove interpretazioni e acquisire “nuova” conoscenza o nuovi pattern di conoscenza (figura G).

Figura G
In situazioni come queste, esso preferisce trovare riparo e conforto nel già visto e nel già conosciuto, sovrapponendo il noto al all’ignoto (figura H).

Figura H - Orsa Maggiore
Ecco, dunque, come mi figuro - semplicisticamente - che il cervello gestisca le informazioni e come, da solo e previlegiando la scelta alla conoscenza, esso riduca la propria “intelligenza” per non restare paralizzato da una eccessiva mole di dati. Sarà per questo che Shakespeare afferma che L'azione è più rara nella virtù che nella vendetta”? Chissà!






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