Se vuoi vedere il mondo colorato di giallo, puoi indossare un paio di occhiali con le lenti gialle. Se stai indossando un paio di occhiali con le lenti gialle, vedrai tutto il mondo colorato di giallo. In altre parole, la realtà si colora del colore che vuoi tu.
Yellow spectacles |
“I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma
ciò che siamo”. Sono parole abbastanza famose, queste, che Fernando Pessoa
fa dire al suo eteronimo Bernardo Soares in quella grande e disordinata
collezione di pensieri intimi nota come Il
Libro dell’Inquietudine. Ciò che cade sotto il nostro sguardo, si trasforma
in qualcos’altro non appena viene osservato, prima ancora – forse – che raggiunga la nostra
coscienza. Se c’è una cosa interessante, nel cervello, è il suo potere di
trasformazione e di interpretazione dei messaggi che riceve. In parte, il
cervello opera questo lavoro di trasformazione in modo del tutto autonomo: ci
apparecchia la “realtà” in modo che la possiamo vedere, capire, confrontare,
giudicare. Accanto a questo lavoro autonomo di preparazione c’è anche un
lavorio assai più complicato e profondo da parte del cervello: è un lavoro di
interpretazione della realtà che esso opera col nostro contributo cosciente e
che tiene conto delle nostre precedenti esperienze, dei nostri interessi, dei
nostri preconcetti, dei nostri desideri, delle nostre deformazioni, della
nostra visione globale o particolare del mondo, della nostra Weltanschauung. Ciò che noi siamo (ciò
che l’esperienza ha fatto di noi)
funge da filtro in ingresso alla percezione che abbiamo della realtà e ce la fa
interpretare come meglio ci conviene. Col celebre aforisma “Non esistono fatti, solo interpretazioni”,
Nietzsche sottolinea come siamo in buona parte noi stessi gli artefici dei
“fatti” e della “realtà” che osserviamo là fuori. È per questo motivo che varie
persone che assistono al medesimo fatto (un incidente, un evento sportivo, un
fatto di cronaca, un avvenimento politico) lo descrivono e lo giudicano
ciascuno in modo variamente diverso dagli altri. Lo stesso vale per quando si
osserva un “fatto scientifico” o se ne legge il resoconto. Si dice che i fatti
scientifici sono obiettivi: che sono “neutri”. Quand’anche esistesse qualcosa
del genere, questi medesimi ipotetici fatti “neutri” vengono letti e
interpretati da ciascuno di noi, scienziati o persone comuni che siamo,
ciascuno apportando quel quid di interpretazione personale che gli deriva
dall’essere quel che è: dalle sue esperienze, dai suoi condizionamenti, dai
suoi interessi, dalle sue speranze di ritrovare in quel “fatto”, una conferma
alla propria Weltanschauung.
Anna Meldolesi è una biologa e una comunicatrice esperta e attenta. Molto interessata
all’evoluzione dei costumi sociali (e di come il sesso faccia parte di detta
evoluzione) ha dato il suo personalissimo taglio (interpretazione) alla recente
scoperta, avvenuta nel nord della Tanzania, delle impronte di un gruppetto di
Australopitechi rimaste impresse nella roccia tre milioni e mezzo di anni dopo
che detti Australopitechi avevano affondato i loro piedi nel fango misto alle
ceneri provenienti dal vulcano Sadiman, nella località di Laetoli.
Alcuni dei passi di Laetoli |
Riprendendo lo studio
appena pubblicato sulla rivista eLIFE da un gruppo di ricercatori
italiani e tanzaniani, Anna Meldolesi
ne ha ricavato un godibile articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 13
Dicembre, intitolato AVEVAMO ANTENATI POLIGAMI? UN’IMPRONTA RISCRIVE LA STORIA DI LUCY. Il titolo è un chiaro
riferimento agli interessi della Meldolesi per l’evoluzione dei costumi, un
interesse vivo che ha fatto cogliere all’autrice un aspetto che, nella
pubblicazione scientifica originale è del tutto marginale.
Nella pubblicazione originale,
intitolata NUOVE IMPRONTE DA LAETOLI FORNISCONO LA PROVA DI EVIDENTI DIFFERENZE DI STAZZA NEI PRIMI OMINIDI, il contenuto scientifico della ricerca riguarda
statura, peso, e lunghezza del passo degli australopitechi che hanno lasciato
quelle impronte. Gli australopitechi sono un gruppo di precursori della specie
umana: quelli cui apparteneva la famosa Lucy, indicata romanticamente come la
prima madre della stirpe umana. Dai dati ricavati dalle impronte, i ricercatori
hanno speculato che dette impronte siano state lasciate da un maschio, alcune
femmine (molto più piccole del maschio) e da qualche piccolo. Con questi
risultati i ricercatori ritengono di poter dimostrare che quel gruppo di
preominidi era caratterizzato da un forte dimorfismo sessuale, vale a dire una
notevole differenza fisica tra i maschi e le femmine, maggiore ancora di quella
che c’è, per esempio, tra leone e leonessa. Secondo i ricercatori, la
differenza di stazza tra i sessi e quel poco che si può immaginare - da quell’insieme
di passi - della vita sociale di quel gruppetto di ominidi, potrebbero far
ritenere che “le
strategie riproduttive e la struttura sociale all’interno di qualche gruppo di
ominidi primitivi fosse più simile a quello dei gorilla che non a quello degli
scimpanzé o dell’uomo moderno”. Gli autori dell’articolo sono stimati paleontologi e
paleoantropologi e hanno tutte le carte in regola per effettuare incursioni –
partendo anche da pochi riscontri oggettivi – nelle abitudini sociali, ancorché
ipotetiche, dei nostri lontani cugini. Le ipotesi proposte dai ricercatori
sarebbero anche emerse dal fatto che, nella medesima area, erano state trovate
impronte di passi di due soli
australopitechi, cosa che faceva pensare a relazioni di coppia piuttosto che di
gruppo, come lascerebbero supporre le orme scoperte più recentemente.
Il quadro delle relazioni
sociali che siamo immediatamente portati a rappresentarci passa quindi da un rassicurante
e romantico rapporto di coppia a un più energetico e controverso quadro di
harem poligamico.
È qui che ognuno di noi guarda ai cosiddetti “fatti
scientifici” con i propri occhiali colorati, col proprio sguardo, con le proiezioni
sociali che gli sono più congeniali e in base alla propria Weltanschauung. Là dove gli uni, nelle tracce di Laetoli, preferiscono
vedere un’anticipazione delle regole sociali monogamiche su cui è basata buona
parte della società occidentale contemporanea, altri preferiscono trovare prove
paleontologiche per una certa qual tendenza a relazioni più dinamiche e allargate.
Passeggiata a due |
Passeggiata di gruppo |
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