Il titolo di questo post usa espressioni che riportano a un'immagine dei nostri predecessori biologici che era assai diffusa all'alba delle teorie evoluzionistiche, un'immagine che taluni di noi ancora conservano. Ho attinto tali citazioni da una godibilissima raccolta intitolata Parole in Evoluzione che Marco Ferraguti ha pubblicato su Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Tra le decine di citazioni meritevoli di approfondimento c’è la seguente: “Una delle specie più massicce, Homo sapiens, divenne assai borioso. Ma quando, con sua grande sorpresa, un virus lo spazzò via, la maggior parte della vita sulla Terra non se ne accorse nemmeno” (Da S. Nee. The great chain of being. Nature 435, p. 429, 2005).
Data l’evidenza che l’uomo è l’unico animale sulla terra a produrre lingue,
arte, musica, matematica, fisica quantistica, stupri di gruppo, genocidi e
altre singolarità esclusive, tutti noi ci siamo prima o poi chiesti perché, tra milioni e milioni di specie, siamo gli unici a saper fare queste
cose. Di fronte a ciò, un po’ di boria è giustificata: siamo gli unici; siamo
il vertice; siamo la miglior cosa che la Natura ha saputo produrre. L’unicità può
dare un pochino alla testa, tanto che molti di noi – ma non tutti – hanno
confuso questo saper fare con l’idea di essere davvero speciali, appositamente
disegnati per stare nella posizione più alta e, di là, esercitare il dominio sul mondo. Tutto ciò si regge sull’unicità dell’uomo: una unicità che
sembra fatta apposta per potersi domandare: “Se siamo unici, ci sarà pure un motivo. Se c’è un motivo, dietro,
ci sarà pure un disegno”.
E se non fossimo unici? Se fossimo unici solo perché altri umani che ci
hanno accompagnato nel viaggio si sono persi per strada? In questo caso, varrebbe
ancora tutto il ragionamento dell’unicità e del disegno? Francamente avrei
qualche dubbio ad affermare di sì.
La paleontologia ci sta dicendo che oggi siamo unici perché gli altri umani,
con i quali abbiamo convissuto, si sono persi per strada. Ci sono stati momenti
– alcune decine di migliaia di anni fa – in
cui tre o quattro specie di esseri umani popolavano contemporaneamente la
terra. Per qualche motivo, (forse per le nostre capacità linguistiche e logiche)
abbiamo saputo far fronte alle contingenze meglio di altri umani, ma ciò non
toglie che il nostro “progetto” non sia stato esclusivo. Pertanto, la catena
logica del “disegno” di una perfetta ed esclusiva unicità mostra qualche crepa
evidente.
Umano e neanderthal. Da: Sciencenews.org |
Fino a 40 mila anni vi erano almeno quattro specie umane intelligenti capaci di dominare il fuoco, di produrre manufatti, capanne, vestiti. Nelle steppe siberiane abitavano uomini detti Denisoviani; in Europa i Sapiens condividevano il territorio con i Neanderthal; in Indonesia viveva il cosiddetto uomo di Flores. Quest’ultimo si è estinto solo 13 mila anni fa. Non siamo mai stati soli, tranne che nelle ultime, poche migliaia di anni. Questa storia è molto ben raccontata da Telmo Pievani in Homosapiens. Il cammino dell'umanità.
Come se non bastasse, pochi giorni fa, la prestigiosa rivista Nature ha pubblicato un articolo in cui si mostra come, là dove queste varietà umane condividevano il medesimo territorio, esse erano in grado di incrociarsi generando ibridi fertili, tanto che noi sapiens contemporanei portiamo ancora nel nostro genoma un 2% circa di DNA Neanderthal dovuto ad incroci tra le due varietà umane avvenuti 40 mila anni fa circa (vale a dire 1500-2000 generazioni fa).
Se siamo unici è solo perché i nostri parenti prossimi si sono estinti.
Faceva parte del disegno originario che noi sopravvivessimo ai nostri cugini?
Se si, perché darsi la briga di farci convivere con loro per decine di migliaia
di anni?
Supponiamo che – tra un bel po’ di anni – un diavolo di virus faccia piazza
pulita del genere umano e anche degli scimpanzé (grandi estinzioni sono
avvenute regolarmente sul nostro pianeta). A questo punto, il Bonobo (detto anche scimpanzé nano)
potrebbe avere buoni motivi per considerasi la punta più avanzata della linea
evolutiva dei primati. Immaginando che – in un futuro ancora più lontano – il
Bonobo potesse esprimere i propri pensieri con un linguaggio articolato, egli potrebbe dire: “Io sono il vertice
della creazione. Io sono il frutto di un disegno intelligente”. Perché no. In
fondo, in condizioni analoghe, molti umani affermano oggi la stessa identica
cosa.*
Bonobo Fonte e proprietà dell'immagine Livescience.com |
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* Nota per chi la pensa diversamente da me, che so essere tanti. Quella sopra esposta è la mia personale visione delle cose: una visione che non pretende minimamente di assurgere a Verità.
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