sabato 22 giugno 2019

DNA: l'oro nella spazzatura (seconda parte)


Nella prima parte di questo post s’era detto che, in seguito ai riscontri ottenuti nel corso del Progetto Genoma Umano, al 98% del DNA presente nelle nostre cellule era stato attribuito l’appellativo non troppo simpatico di DNA spazzatura



Oltre a ciò s'erano dette altre cose: a) che tale appellativo era specchio dell’ignoranza sulla funzione di tutto questo DNA; b) che un sistema che produce così tanta spazzatura non è un sistema ben congeniato, pertanto il riscontro di tutta questa “spazzatura” aveva indotto gli scienziati a pensare che qualcosa doveva essere sfuggito loro; c) che riconoscere ciò  (il proprio errore di interpretazione) era un nuovo potente stimolo per continuare la ricerca e che in questo atteggiamento vi è l'essenza della scienza; d) infine, s’è detto che all’appellativo di DNA spazzatura gli scienziati hanno presto sostituito la dizione di DNA non codificante, riconoscendo implicitamente che andavano ricercate altre funzioni del DNA oltre a quella di costituire geni contenenti specifiche istruzioni sulla sintesi delle proteine.

Ben presto, è stata riconosciuta la funzione "strutturale" di una parte del DNA non codificante. Pensiamo per esempio ad una automobile e alla sua funzione “nobile” che è quella di farmi andare da qui a lì. Per fare ciò, la componente "nobile" dell’automobile è costituita dal motore, dalle ruote, dal volante, vale a dire ciò che consente al veicolo di muoversi e di portarmi dove voglio. Tuttavia, senza il telaio, le portiere, il cofano, il cambio, i freni, il differenziale, lo spinterogeno, la batteria, i sedili, il parabrezza, il tergicristalli, la leva del cambio, la radio e il navigatore, la mia automobile non sarebbe quello che è. Tutte le cose non direttamente correlate alla funzione del movimento della mia automobile non sono “spazzatura” ma elementi collegati alla struttura, alla funzionalità generale, e alle funzioni accessorie nelle quali risiede gran parte della qualità globale della mia automobile. Con questa analogia si intende dire che in quel 98% di DNA spazzatura vanno ricercati elementi strutturali e funzionali non meno nobili e necessari dei geni deputati alla codifica della sintesi proteica. È in quella “spazzatura” che vanno ricercate le capacità del genoma umano, con un numero di geni quasi simile quello dei vermi, di codificare un numero cinque volte superiore di proteine e di costruire un essere vivente, cosciente, pensante, e parlante discretamente più complesso del verme medesimo. Nel genoma umano, pertanto, parte di quella spazzatura fornisce ai geni un’alta versatilità nel produrre proteine e strutture.

Di tutta questa spazzatura, dunque, una parte ha funzioni strutturali e un’altra parte ha funzioni modulatorie”, intendendo con questo termine la complessa modulazione dell’attività e della funzione del DNA codificante (i geni).

Uno dei campi in cui si sta lavorando alacremente e con grande entusiasmo ha a che vedere con un aspetto dell'organizzazione del DNA relativamente poco compreso fino a non molto tempo fa, vale a dire il suo impacchettamento all’interno del nucleo e come fanno i singoli geni impacchettati in un groviglio di DNA a rendersi disponibili per venir letti e decodificati dai meccanismi della sintesi proteica. Consideriamo il fatto che la sequenza del DNA, se disposta idealmente lungo un filo, sarebbe lunga quasi due metri. Tutto questo DNA sta raggomitolato e strettamente impacchettato all’interno del nucleo della cellula.

Figura 1. Illustrazione che esemplifica il raggomitolamento del DNA all'interno del nucleo cellulare
Recentemente si è scoperto che il groviglio di DNA all’interno del nucleo è molto dinamico, vibra e muta assetto in continuazione facendo sì che i geni “giusti” (e non altri) entrino in attività nel momento giusto e si rendano disponibili al momento giusto all’apparato che avvia la loro trascrizione per sintetizzare le proteine. Si è scoperto che una considerevole parte di DNA ha proprio la funzione di organizzare spazialmente il groviglio di geni (in termine tecnico folding e unfolding) e di attivare o silenziare i geni che devono essere “accesi” o “spenti” al momento giusto.
Nella stessa costituzione lineare del filamento di DNA, i geni sono costituiti da elementi codificanti (detti esoni) separati da elementi non codificanti (detti introni) e che questi ultimi hanno funzione di modulazione, accendendo e spegnendo i geni, vale a dire consentendo o impedendo loro di essere trascritti, e di essere trascritti in modo da poter avviare una sintesi proteica piuttosto che un’altra (vedi figura 2).

Figura 2. Rappresentazione della struttura e della trascrizione dei geni
Un’altra scoperta recentissima sta gettando luce sui cosiddetti geni regolatori e sull’effetto della loro attività addirittura sull’evoluzione delle specie, ivi compresa la specie umana. È forse in questi geni regolatori che si nasconde la diversa “qualità” che attribuiamo all’uomo nei confronti dei vermetti, dei moscerini della frutta, e degli scimpanzé
In tutte le specie esistono geni il cui prodotto è costituito da proteine che, legandosi a specifiche sequenze di DNA, accendono o spengono l’attività dei geni cui si legano. Si pensava che tali proteine svolgessero la loro funzione di modulazione nello stesso modo in tutte le specie, sia che si trattasse del moscerino della frutta o si trattasse dell’uomo. Ricercatori dell’Università di Toronto hanno confermato che questo gruppo di proteine esercita funzioni simili nelle diverse specie, ma hanno anche scoperto che vi sono dozzine di questi fattori che esercitano funzioni diverse nelle diverse specie, attivando e spegnendo geni diversi nel moscerino della frutta, nello scimpanzé, o nell’uomo.1 Si viene quindi a scoprire che nelle varie specie, tratti simili di DNA possono essere modulati in modo diverso. Si potrebbe quindi pensare che siano alcuni di questi fattori a generare differenze che, assommandosi nel corso di milioni di anni, possano avere ingenerato nelle diverse specie differenze fisiologiche, anatomiche e funzionali, dando vita a specie di differente aspetto e complessità.
A poco a poco, dunque, scavando nella spazzatura si sta trovando nuova conoscenza: pagliuzze d’oro, da maneggiare però con l’umiltà di chi cerca e non con l'arroganza di chi presume di aver trovato la Verità.

1 Samuel A. Lambert et al. Similarity regression predicts evolution of transcription factor sequence specificity. Nature Genetics, May 27, 2019. https://www.nature.com/articles/s41588-019-0411-1

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