venerdì 11 maggio 2018

DOMANDE E RISPOSTE SULL'EVOLUZIONE - X^ parte

In questa decima puntata di Domande e Risposte sull’Evoluzione, si discute della presunta neutralità della scienza e delle sue teorie e dei pregiudizi che generano una resistenza ideologica, anche dal punto di vista etico, alla teoria dell'evoluzione.   

Domande e Risposte
# 16

Domanda 16. L’etica è un’espressione del pensiero che cerca di distinguere le azioni e i comportamenti (ma anche i pensieri) che comportano una scelta nel campo del bene, del male, o nel campo (se esiste) della neutralità. Per stabilire se un atto, un comportamento, un pensiero sono rivolti al bene, al male o se cadono in terreno neutrale, bisognerebbe definire e delimitare in modo preciso gli ambiti del bene e del male. L’etica si occupa di questo o meglio, le etiche si occupano di questo perché ci sono numerosi tipi di etica in relazione ai presupposti ideali, teorici o pratici a cui ci si richiama (etica utilitaristica e consequenzialista, ermeneutica, argomentativa, cristiana, …). Quindi, i confini del bene e del male sono imprecisi e soggettivi, dipendendo dallo sguardo chi di osserva.   

L'arduo problema del bene e del male

Tendenzialmente la scienza afferma di essere in terreno neutrale assumendo che la ricerca delle regole secondo le quali funziona il mondo non ha, in sé, alcuna connotazione etica, mentre l'avrebbe ogni comportamento, scelta o azione compiuta in nome di una determinata legge scientifica. Dal punto di vista della scienza, il fatto di “agire in nome di una legge scientifica” rappresenta però una sorta di illecito ideologico. In campo etico, la responsabilità non può che essere individuale e personale, anche se l’azione è frutto di un'impresa collettiva ed è basata su argomentazioni scientifiche. 
Alla interpretazione di un’evoluzione biologica assoggettata a forze selettive esterne - in cui le variazioni che conferiscono maggiore adattabilità sono considerate migliori di altre meno vantaggiose - sono state attribuite valenze etiche anche molto forti (es. sociobiologia). Significativamente, una valenza etica per lo più di segno negativo viene ascritta all’evoluzionismo darwiniano da coloro i quali sono impegnati su posizioni ideologicamente molto marcate (es. fede religiosa, ideologia politica). In questi casi si ha l’impressione che il pre-giudizio etico di chi interpreta il darwinismo sia antecedente alla attribuzione di una valenza etica al darwinismo stesso. Non si può però sottovalutare il fatto che l’evoluzionismo darwiniano sia figlio, oltre che di una mente straordinaria, anche di un luogo e di un’epoca: l’Inghilterra vittoriana. Nell’Inghilterra vittoriana non c’era gentleman inglese (e probabilmente neanche nessun inglese in generale) che non fosse aprioristicamente convinto che all’apice dell’albero – o della scala – della vita fosse collocato lo stesso gentleman inglese. Non c’era inglese che non fosse convinto che se il mondo era governato dall’uomo bianco (in particolare inglese) doveva pur esserci una ragione naturale, se non addirittura una chiara disposizione divina. 
 
L'anglo-teutonico al vertice dell'evoluzione

Le idee malthusiane (di matrice socioeconomica) furono utili a Darwin per definire un modello o un meccanismo all’interno del quale collocare l’evidenza che le specie mutano, si insediano, dominano e si alternano in territori anch’essi sottoposti a un continuo divenire, come aveva dimostrato Charles Lyell, famoso geologo e amico intimo di Darwin. Pertanto, la teoria darwiniana non nasce neutrale dal punto del condizionamento ideologico; non si può quindi evitare che alcuni vi leggano contenuti ideologici ed etici.
In conclusione, ci sono teorie o assunti scientifici che nascono in territorio neutrale e non suscitano tensioni di carattere ideologico-filosofico (es. teorema di Pitagora; leggi della termodinamica; gravitazione universale; relatività ristretta o generale). Altre teorie, pur nascendo in territorio quasi-neutrale, suscitano invece tensioni ideologiche ed etiche (es. modello copernicano; principio di indeterminazione). Altre ancora, come il darwinismo, che nascono in un territorio già marcato dall’ideologia, suscitano interpretazioni ideologiche ancora più forti. La domanda è: alla luce di quanto di nuovo si è imparato sull’evoluzionismo in termini di genetica, di selezione e di adattamento, è ancora possibile marcare il terreno della teoria darwiniana con pregiudizi ideologici? E se ciò avviene, quali conseguenze possono avere tali pregiudizi sul progresso neutrale delle conoscenze sull’evoluzione dell’uomo?


Risposta 16 Questa è una domanda interessante, che può essere riassunta così: le resistenze ideologiche alla teoria darwiniana derivano da considerazioni etiche? Prima di rispondere vorrei fare qualche osservazione preliminare. Infatti, la parte iniziale della domanda sembra esprimere un punto di vista ispirato a quel relativismo tanto deplorato dal Papa.[1]
Vorrei esprimere la mia opinione sull’ argomento che, in parole povere, è questa: esistono un bene e un male assoluti, ma gli uomini possono essere discordi nella loro ricerca verso la definizione di questi concetti. Da ciò l’apparenza del relativismo

Dal mio punto di vista, la scienza in quanto tale e distinta dalle sue applicazioni, come giustamente detto nella domanda, è eticamente positiva perché è una attività conoscitiva e allargare le conoscenze è un bene. Questo vale per tutte le teorie scientifiche, compresa quella dell’evoluzione biologica. So bene che vi sono alcuni integralisti religiosi che non condividono questa idea, ma mi conforta il fatto che persone non meno religiose non hanno nulla da obiettare.


Se la conoscenza è sempre dalla parte del bene
E, tuttavia, è vero che nei riguardi del pensiero darwiniano esistono, come ho già ricordato, pregiudizi che non valgono per altre teorie scientifiche. A questo proposito, vorrei raccontare una esperienza che mi occorse qualche anno fa a Verona, a un congresso su “Medicina e Filosofia”, organizzato dalla Facoltà di Filosofia dell‘Università di quella città. In una conversazione informale con due colleghi professori di Medicina, li sentii proclamare concordi la loro antipatia per gli evoluzionisti, perché definiti dogmatici”. Ebbene, dove sta in questo caso il dogmatismo? Nel fatto che aderissero a una teoria scientifica logicamente coerente e non contraddetta dall’evidenza empirica? Ma questo lo fanno tutti gli studiosi di scienza quando accettano delle teorie. È forse dogmatico un fisico che crede alla relatività generale o al secondo principio della termodinamica? Evidentemente la differenza sta nel fatto che gli evoluzionisti credono in una teoria che crea problemi alla interpretazione letterale della Bibbia, nella quale invece, fortunatamente, di relatività e termodinamica non si parla. Evidentemente, il massimo che i miei interlocutori erano disposti a concedere era che i cosiddetti evoluzionisti dicessero: "Questa teoria della evoluzione biologica è in concordia con i fatti, ma può essere accettata solo come ipotesi, perché potrebbe anche darsi che sia falsa e che sia vero il disegno intelligente". Accettandola invece come si fa per ogni teoria scientifica, e non considerando perciò la teoria della evoluzione biologica in condizione di minorità rispetto alle altre regioni della scienza, i cosiddetti evoluzionisti (tra i quali mi includo) sarebbero stati dogmatici. Ricordo di avere replicato che gli evoluzionisti avrebbero avuto l’obbligo di ripudiare le loro idee solo se fosse emerso qualche fatto che le contraddicesse al di là di ogni dubbio, per esempio – e la mia intenzione era di enunciare un paradosso – se si fosse scoperto lo scheletro fossile di un umano in uno strato geologico di qualche centinaio di milioni di anni fa. “Sono tanto dogmatici gli evoluzionisti” – aveva ribattuto uno dei miei interlocutori – “che anche in questo caso si ingegnerebbero per trovare qualche teoria che spiegasse questa anomalia”. Il punto interessante di questa discussione è che ingegnarsi per trovare una nuova teoria quando una vecchia è falsificata è proprio l’ideale della scienza. 


La Scienza e le metafisica si contendono il sapere
Il punto cruciale, perciò, non credo che riguardi l’etica, ma la possibilità di dare, come si è fatto in passato, interpretazioni metafisiche di fenomeni fisici ritenuti impossibili da spiegare scientificamente, come sarebbe il caso della vita biologica. Opporsi alla teoria della evoluzione biologica significa confondere la vita biologica con la vita umana. Sono persuaso che la vita umana è qualcosa di più della vita biologica. La scienza non spiegherà mai il senso della vita umana, ma ha già chiarito come è sorta la vita in genere e la teoria darwiniana ha dato una interpretazione di come si è originata, tra le altre, anche la specie Homo sapiens. Questo ha sottratto alla metafisica un territorio che, in realtà, non le appartiene. In realtà, le due teorie, del disegno intelligente e dell'evoluzione biologica, non possono essere messe a confronto perché radicalmente eterogenee. Le resistenze ideologiche dipendono da questo ma, naturalmente, derivano da concezioni equivoche e non sono legittime.


[1] Al momento di questa risposta il pontefice era Joseph Ratzinger.  


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