In questa puntata il professor Rugarli risponde a una articolata domanda sul tema del "caso", del suo ruolo nell'universo e nell'evoluzione e della sua coesistenza con un ordine rigidamente deterministico.
Il tema non si limita alle leggi che regolano l'universo ma sfiora anche questioni d'ordine filosofico, quali l'essenza stessa della libertà e della responsabilità, che non esisterebbero senza un certo margine di casualità all'interno di un mondo regolato da relazioni rigidamente deterministiche.
Domande e Risposte
# 28
Domanda 28. In L'Origine delle Specie e nell’Origine dell’Uomo Darwin ha trattato con grandissima circospezione la parola
“caso” e il concetto di casualità. Nelle
versioni informatiche dei due testi [vedi ai rispettivi link: Origine delle Specie e Origine dell'Uomo] ho ricercato le parole casual, casualness, chance, fortuity, fortuities, fortuituous, accident, accidental, incidental, random, contingent, contingency, hazard, luck, stochastic. Le
parole random, stochastic, luck (rispettivamente a caso, stocastico, fortuna) non
sono mai citate mentre nelle sue varie accezioni la parola chance (possibilità) è la più frequente, comparendo in 89 occasioni. Le
parole sopra riportate vengono citate complessivamente 134 volte. In 14 casi Darwin fa riferimento (si direbbe a malincuore) ad eventi di natura
casuale,nota 1 mentre in 28
egli nega con estrema decisione un eventuale ruolo del caso a proposito di eventi
che possano avere a che fare con la selezione. Le rimanenti 92 citazioni
contemplano accezioni estranee al concetto di caso o casualità. I contemporanei di Darwin che come lui non avevano una visione statica e fissista del mondo, si saranno certamente interrogati sui motivi e sui
meccanismi del verificarsi di lente modificazioni nei caratteri delle specie sulle cui variazioni opera, secondo Darwin, la selezione naturale.
Dubito che nell’Inghilterra vittoriana -
ma anche in tutto il resto del mondo in cui l’immanenza di Dio era
messa in discussione da pochi - la parola caso appartenesse al repertorio
delle risposte ammissibili. Pertanto, se anche si fossero posti domande scomode sull'origine della variazione, i contemporanei di Darwin avranno preferito mantenere un rassicurante silenzio su questo punto. Sarà con l’irruzione della genetica, della statistica probabilistica
sulla trasmissione mendeliana dei caratteri, sulla genetica delle popolazioni,
sulla deriva genetica, e in seguito alle evidenze sulla natura stocastica delle mutazioni
genetiche che il CASO ha fatto irruzione nell’evoluzionismo. Jaques Monod, con Il Caso
e la Necessità, ha formalizzato un ruolo del caso che ha spaventato il mondo.nota 2
Chi e perché ha paura del caso?
Il Caso ha due grandi nemici: lo scienziato moderno e riduzionista (da Cartesio a Newton, giù giù fino a noi stessi), secondo il quale non esiste fatto o evento che non abbia una causa, ancorché non conosciuta: tutto avviene in un ambito di causalità per cui tutto, se adeguatamente indagato, può essere previsto. A questo ambito appartengono tutti i rami della scienza (con alcune sfumature dissonanti nell’ambito della meccanica quantistica), teoria del “Caos deterministico” inclusa. Il secondo nemico del Caso è Dio. E non si tratta solo del Dio onnicreatore e onnipresente che ha tutto sotto controllo in ogni momento. Nemico del Caso è anche il Dio che ha creato il tutto e poi lo ha lasciato a se stesso, consentendo che si evolvesse "liberamente" nel tempo (creato anch'esso insieme a tutto il resto) secondo precise ancorché imperscrutabili regole create contestualmente, in modo che le cose non potessero andare in modo diverso da come era stato previsto. Una siffatta evoluzione non è “libera” ma è costretta dalle regole divine (o di natura). Se questa pre-determinazione fosse davvero la tipica condizione in cui si muove la natura, allora non ci sarebbe alcuna libertà, non esisterebbe nessun Caso e nessun libero arbitrio: tutto ciò che ci sembra libero e tutto ciò che ci sembra casuale è una illusione dovuta all’ignoranza delle regole prestabilite. La scienza riduzionista lavora appunto per portare a poco a poco alla luce queste leggi di natura.
Si può ritenere che un temporale
o un terremoto possono accadere in un certo luogo e in un certo istante perché
rappresentano l'esito inevitabile di una determinata serie di eventi che si susseguono in
modo causale (i sistemi dinamici non lineari come questi sono oggetto di studio nell'ambito della Teoria del Caos
Deterministico). Ma possiamo dire lo stesso del luogo e dell'istante in cui cadrà
un fulmine? Possiamo dire lo stesso dell’esito di una battaglia e del
capovolgimento di fronte che potrebbe intervenire se sui contendenti si scatenasse un temporale? E di una gara automobilistica? E di una corsa
ciclistica? Possiamo dire lo stesso della posizione del DNA, di una certa
cellula, di un certo organismo in cui avviene, in un certo momento della vita di
quell’organismo, una mutazione? Se ci lasciamo un certo margine di casualità
all’interno di un universo in gran parte causale possiamo ammettere che
l’evoluzione dell’uomo (come di tutto il resto) abbia una componente di
casualità. È proprio intollerabile ammettere un certo ruolo ontogenetico del Caso?
Risposta 28. Personalmente non sono turbato dall’ammettere che il Caso è un ingrediente della natura. Dal punto di vista scientifico l’ammissione di un ruolo del caso ha permesso di elaborare teorie con un forte potere esplicativo. Prima ancora che alla meccanica quantistica penso alla termodinamica e alla stessa evoluzione biologica. Comprendo che questo pone problemi con l’idea della divina provvidenza, e della onnipotenza di Dio. I manichei sostenevano che Dio non può essere allo stesso tempo infinitamente buono e onnipotente. Se infinitamente buono non riuscirebbe a evitare il male nel mondo e perciò non sarebbe onnipotente, se onnipotente non proibirebbe il verificarsi del male e quindi non sarebbe infinitamente buono. Penso che questo sia un ragionamento ingenuo che deriva da una visione antropomorfica della divinità. Io credo che la divina provvidenza, se così vogliamo chiamarla, si svolga nella ispirazione delle azioni umane.
Chi ha paura del caso? |
Il Caso ha due grandi nemici: lo scienziato moderno e riduzionista (da Cartesio a Newton, giù giù fino a noi stessi), secondo il quale non esiste fatto o evento che non abbia una causa, ancorché non conosciuta: tutto avviene in un ambito di causalità per cui tutto, se adeguatamente indagato, può essere previsto. A questo ambito appartengono tutti i rami della scienza (con alcune sfumature dissonanti nell’ambito della meccanica quantistica), teoria del “Caos deterministico” inclusa. Il secondo nemico del Caso è Dio. E non si tratta solo del Dio onnicreatore e onnipresente che ha tutto sotto controllo in ogni momento. Nemico del Caso è anche il Dio che ha creato il tutto e poi lo ha lasciato a se stesso, consentendo che si evolvesse "liberamente" nel tempo (creato anch'esso insieme a tutto il resto) secondo precise ancorché imperscrutabili regole create contestualmente, in modo che le cose non potessero andare in modo diverso da come era stato previsto. Una siffatta evoluzione non è “libera” ma è costretta dalle regole divine (o di natura). Se questa pre-determinazione fosse davvero la tipica condizione in cui si muove la natura, allora non ci sarebbe alcuna libertà, non esisterebbe nessun Caso e nessun libero arbitrio: tutto ciò che ci sembra libero e tutto ciò che ci sembra casuale è una illusione dovuta all’ignoranza delle regole prestabilite. La scienza riduzionista lavora appunto per portare a poco a poco alla luce queste leggi di natura.
Il Caso fa paura a tutti. Fa
paura perché le regole, anche se spesso vengono deliberatamente infrante, sono
molto più rassicuranti della mancanza delle regole. Fa paura anche perché la
libertà stessa genera paura, in quanto implica necessariamente responsabilità
individuale e collettiva rispetto alle decisioni che si assumono e agli atti
che si compiono. L’azione non libera (ovvero esercitata sotto una qualsivoglia
coercizione) è rassicurante perché abolisce la responsabilità. Forse è per
questo che la consapevolezza (o la presunzione) dell’essere qui per caso (vedi per esempio la posizione filosofica dell'esistenzialismo) determina una condizione spiritualmente angosciante.
D’altra parte, pur
ammettendo che le cose dell’universo stiano tra loro in una sorta di
equilibrio dinamico e che si muovano in modo prevedibile secondo regole definibili in modo relativamente accurato dai nostri metodi di calcolo, perché escludere la
possibilità che una certa parte (anche piccola) degli accadimenti possa essere
davvero casuale, ovvero senza una causa diretta che ne determini in modo assoluto la necessità? Perché privarsi della possibilità che nella fisica, come
nella biologia e nella nostra mente, qualcosa possa davvero muoversi o accadere
in modo non strettamente predeterminato? Se
ci priviamo di queste minime possibilità ci priviamo della libertà di qualsiasi
scelta, di qualsiasi giudizio, di qualsiasi azione libera e volontaria.
Rappresentazione delle soluzioni di un'equazione facente riferimento alla Teoria del Caos Deterministico |
Risposta 28. Personalmente non sono turbato dall’ammettere che il Caso è un ingrediente della natura. Dal punto di vista scientifico l’ammissione di un ruolo del caso ha permesso di elaborare teorie con un forte potere esplicativo. Prima ancora che alla meccanica quantistica penso alla termodinamica e alla stessa evoluzione biologica. Comprendo che questo pone problemi con l’idea della divina provvidenza, e della onnipotenza di Dio. I manichei sostenevano che Dio non può essere allo stesso tempo infinitamente buono e onnipotente. Se infinitamente buono non riuscirebbe a evitare il male nel mondo e perciò non sarebbe onnipotente, se onnipotente non proibirebbe il verificarsi del male e quindi non sarebbe infinitamente buono. Penso che questo sia un ragionamento ingenuo che deriva da una visione antropomorfica della divinità. Io credo che la divina provvidenza, se così vogliamo chiamarla, si svolga nella ispirazione delle azioni umane.
La domanda tocca anche un punto
molto importante, quando assimila il caso alla libertà umana. Io credo che
nella libertà ci sia una componente casuale, ma che in sostanza non dipenda
solo da questo. Quando bisogna decidere per un’azione tra varie possibili,
entra in gioco l’immaginazione, nel senso che bisogna immaginare l’esito delle
varie azioni e sceglierne una. Il processo immaginativo può essere diverso da
una persona a un’altra e ha una componente casuale (quante volte si dice: non
mi è venuto in mente!), ma poi penso che la selezione tra le varie decisioni
avvenga con un meccanismo darwiniano, nel quale la necessità è rappresentata
dalla più profonda identità della persona che fa la scelta.
Rappresentazione dell'Emergenza della Complessità |
In conclusione, penso che il Caso, e non
una tendenza intrinseca nella materia, abbia consentito l’emergenza
della complessità. Si può riflettere che nell’universo esiste un numero
sterminato di pianeti e che certamente ve ne deve essere un buon numero con
caratteristiche ambientali compatibili con la vita. Eppure, non è detto che
dovunque ci sia vita debba esserci l’uomo o qualche essere equivalente. Non
trovo nulla di male ad ammettere che il Caso ci ha favorito.
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Note
1 In riferimento all’impollinazione, ai ritrovamenti e alla conservazione dei fossili, all’apprendimento di comportamenti, o di evenienze accidentali con qualche possibile riflesso sulla selezione.
2 Ma ha affascinato molti giovani e li ha indirizzati allo studio della biologia.
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