domenica 13 gennaio 2019

DOMANDE E RISPOSTE SU L'EVOLUZIONE - XIX^ parte

In questa puntata il professor Rugarli risponde a una articolata domanda sul tema del "caso", del suo ruolo nell'universo e nell'evoluzione e della sua coesistenza con un ordine rigidamente deterministico. 

Il tema non si limita alle leggi che regolano l'universo ma sfiora anche questioni d'ordine filosofico, quali l'essenza stessa della libertà e della responsabilità, che non esisterebbero senza un certo margine di casualità all'interno di un mondo regolato da relazioni rigidamente deterministiche.

Domande e Risposte
# 28

Domanda 28. In L'Origine delle Specie e nell’Origine dell’Uomo Darwin ha trattato con grandissima circospezione la parola “caso” e il concetto di casualità.  Nelle versioni informatiche dei due testi [vedi ai rispettivi link: Origine delle Specie e Origine dell'Uomo] ho ricercato le parole casual, casualness, chance, fortuity, fortuities, fortuituous, accident, accidental, incidentalrandom, contingentcontingency, hazard, luck, stochastic. Le parole random, stochastic, luck (rispettivamente a caso, stocastico, fortuna) non sono mai citate mentre nelle sue varie accezioni la parola chance (possibilità) è la più frequente, comparendo in 89 occasioni. Le parole sopra riportate vengono citate complessivamente 134 volte. In 14 casi Darwin fa riferimento (si direbbe a malincuore) ad eventi di natura casuale,nota 1 mentre in 28 egli nega con estrema decisione un eventuale ruolo del caso a proposito di eventi che possano avere a che fare con la selezione. Le rimanenti 92 citazioni contemplano accezioni estranee al concetto di caso o casualità. I contemporanei di Darwin che come lui non avevano una visione statica e fissista del mondo, si saranno certamente interrogati sui motivi e sui meccanismi del verificarsi di lente modificazioni nei caratteri delle specie sulle cui variazioni opera, secondo Darwin, la selezione naturale. Dubito che nell’Inghilterra vittoriana - ma anche in tutto il resto del mondo in cui l’immanenza di Dio era messa in discussione da pochi - la parola caso appartenesse al repertorio delle risposte ammissibili. Pertanto, se anche si fossero posti domande scomode sull'origine della variazione, i contemporanei di Darwin avranno preferito mantenere un rassicurante silenzio su questo punto. Sarà con l’irruzione della genetica, della statistica probabilistica sulla trasmissione mendeliana dei caratteri, sulla genetica delle popolazioni, sulla deriva genetica, e in seguito alle evidenze sulla natura stocastica delle mutazioni genetiche che il CASO ha fatto irruzione nell’evoluzionismo. Jaques Monod, con Il Caso e la Necessità, ha formalizzato un ruolo del caso che ha spaventato il mondo.nota 2

Chi ha paura del caso?
Chi e perché ha paura del caso?

Il Caso ha due grandi nemici: lo scienziato moderno e riduzionista (da Cartesio a Newton, giù giù fino a noi stessi), secondo il quale non esiste fatto o evento che non abbia una causa, ancorché non conosciuta: tutto avviene in un ambito di causalità per cui tutto, se adeguatamente indagato, può essere previsto. A questo ambito appartengono tutti i rami della scienza (con alcune sfumature dissonanti nell’ambito della meccanica quantistica), teoria del Caos deterministico inclusa. Il secondo nemico del Caso è Dio. E non si tratta solo del Dio onnicreatore e onnipresente che ha tutto sotto controllo in ogni momento. Nemico del Caso è anche il Dio che ha creato il tutto e poi lo ha lasciato a se stesso, consentendo che si evolvesse "liberamente"  nel tempo (creato anch'esso insieme a tutto il resto) secondo precise ancorché imperscrutabili regole create contestualmente, in modo che le cose non potessero andare in modo diverso da come era stato previsto. Una siffatta evoluzione non è “libera” ma è costretta dalle regole divine (o di natura). Se questa pre-determinazione fosse davvero la tipica condizione in cui si muove la natura, allora non ci sarebbe alcuna libertà, non esisterebbe nessun Caso e nessun libero arbitrio: tutto ciò che ci sembra libero e tutto ciò che ci sembra casuale è una illusione dovuta all’ignoranza delle regole prestabilite. La scienza riduzionista lavora appunto per portare a poco a poco alla luce queste leggi di natura.

Il Caso fa paura a tutti. Fa paura perché le regole, anche se spesso vengono deliberatamente infrante, sono molto più rassicuranti della mancanza delle regole. Fa paura anche perché la libertà stessa genera paura, in quanto implica necessariamente responsabilità individuale e collettiva rispetto alle decisioni che si assumono e agli atti che si compiono. L’azione non libera (ovvero esercitata sotto una qualsivoglia coercizione) è rassicurante perché abolisce la responsabilità. Forse è per questo che la consapevolezza (o la presunzione) dell’essere qui per caso (vedi per esempio la posizione filosofica dell'esistenzialismo) determina una condizione spiritualmente angosciante. 

D’altra parte, pur ammettendo che le cose dell’universo stiano tra loro in una sorta di equilibrio dinamico e che si muovano in modo prevedibile secondo regole definibili in modo relativamente accurato dai nostri metodi di calcolo, perché escludere la possibilità che una certa parte (anche piccola) degli accadimenti possa essere davvero casuale, ovvero senza una causa diretta che ne determini in modo assoluto la necessità? Perché privarsi della possibilità che nella fisica, come nella biologia e nella nostra mente, qualcosa possa davvero muoversi o accadere in modo non strettamente predeterminato? Se ci priviamo di queste minime possibilità ci priviamo della libertà di qualsiasi scelta, di qualsiasi giudizio, di qualsiasi azione libera e volontaria.

Rappresentazione delle soluzioni di un'equazione facente riferimento alla
Teoria del Caos Deterministico 
Si può ritenere che un temporale o un terremoto possono accadere in un certo luogo e in un certo istante perché rappresentano l'esito inevitabile di una determinata serie di eventi che si susseguono in modo causale (i sistemi dinamici non lineari come questi sono oggetto di studio nell'ambito della Teoria del Caos Deterministico). Ma possiamo dire lo stesso del luogo e dell'istante in cui cadrà un fulmine? Possiamo dire lo stesso dell’esito di una battaglia e del capovolgimento di fronte che potrebbe intervenire se sui contendenti si scatenasse un temporale? E di una gara automobilistica? E di una corsa ciclistica? Possiamo dire lo stesso della posizione del DNA, di una certa cellula, di un certo organismo in cui avviene, in un certo momento della vita di quell’organismo, una mutazione? Se ci lasciamo un certo margine di casualità all’interno di un universo in gran parte causale possiamo ammettere che l’evoluzione dell’uomo (come di tutto il resto) abbia una componente di casualità. È proprio intollerabile ammettere un certo ruolo ontogenetico del Caso?  

Risposta 28. Personalmente non sono turbato dall’ammettere che il Caso è un ingrediente della natura. Dal punto di vista scientifico l’ammissione di un ruolo del caso ha permesso di elaborare teorie con un forte potere esplicativo. Prima ancora che alla meccanica quantistica penso alla termodinamica e alla stessa evoluzione biologica. Comprendo che questo pone problemi con l’idea della divina provvidenza, e della onnipotenza di Dio. I manichei sostenevano che Dio non può essere allo stesso tempo infinitamente buono e onnipotente. Se infinitamente buono non riuscirebbe a evitare il male nel mondo e perciò non sarebbe onnipotente, se onnipotente non proibirebbe il verificarsi del male e quindi non sarebbe infinitamente buono. Penso che questo sia un ragionamento ingenuo che deriva da una visione antropomorfica della divinità. Io credo che la divina provvidenza, se così vogliamo chiamarla, si svolga nella ispirazione delle azioni umane.
La domanda tocca anche un punto molto importante, quando assimila il caso alla libertà umana. Io credo che nella libertà ci sia una componente casuale, ma che in sostanza non dipenda solo da questo. Quando bisogna decidere per un’azione tra varie possibili, entra in gioco l’immaginazione, nel senso che bisogna immaginare l’esito delle varie azioni e sceglierne una. Il processo immaginativo può essere diverso da una persona a un’altra e ha una componente casuale (quante volte si dice: non mi è venuto in mente!), ma poi penso che la selezione tra le varie decisioni avvenga con un meccanismo darwiniano, nel quale la necessità è rappresentata dalla più profonda identità della persona che fa la scelta. 

Rappresentazione dell'Emergenza della Complessità
In conclusione, penso che il Caso, e non una tendenza intrinseca nella materia, abbia consentito l’emergenza della complessità. Si può riflettere che nell’universo esiste un numero sterminato di pianeti e che certamente ve ne deve essere un buon numero con caratteristiche ambientali compatibili con la vita. Eppure, non è detto che dovunque ci sia vita debba esserci l’uomo o qualche essere equivalente. Non trovo nulla di male ad ammettere che il Caso ci ha favorito.
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Note
1 In riferimento all’impollinazione, ai ritrovamenti e alla conservazione dei fossili, all’apprendimento di comportamenti, o di evenienze accidentali con qualche possibile riflesso sulla selezione.
2 Ma ha affascinato molti giovani e li ha indirizzati allo studio della biologia.

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