In questa sesta puntata di Domande e Risposte sull’Evoluzione, si affronta un tema dai contorni epistemologici arditi: ci si domanda – e si risponde – sull’eventualità che elementi puramente mentali e trasmessi per via culturale, nella fattispecie la spiritualità e la religione, abbiano un qualche ruolo nella storia evolutiva di Homo sapiens.
Domande e Risposte
# 11
Domanda 11. Per quel che ne sappiamo, religione e spiritualità sono elementi connaturati a tutte le culture che si sono sviluppate nella specie umana. Questi elementi sembrano avere avuto un rilevantissimo ruolo di coesione sociale (anche con fenomeni di costrizione e condizionamento all’agire).
La coesione sociale indotta dalla religione (o dalla necessità universalmente diffusa di doversi riconoscere in una forma di religione che potesse rispondere alle domande considerate fondamentali) è una forma di socializzazione (o un’estensione delle cure parentali) con una qualche rilevanza nel determinare scelte o comportamenti adattativi di qualche valenza nell’ambito della selezione?
La coesione sociale indotta dalla religione (o dalla necessità universalmente diffusa di doversi riconoscere in una forma di religione che potesse rispondere alle domande considerate fondamentali) è una forma di socializzazione (o un’estensione delle cure parentali) con una qualche rilevanza nel determinare scelte o comportamenti adattativi di qualche valenza nell’ambito della selezione?
Risposta 11. Alcuni aspetti di questo problema
sono considerati da Giorgio Cosmacini
nel suo libro La religiosità della
medicina. Dall’antichità a oggi (Laterza 2008), citando le parole del Premio
Nobel Christian de Duve, che ha
scritto: “Il sentimento religioso è
profondamente radicato nella nostra stessa natura, forse inciso in essa dalla
selezione naturale”. “La religiosità
antropologica – commenta perciò Cosmacini
– sarebbe dunque un carattere
primario e originario, un vero e proprio distintivo connaturato all’uomo di
ogni tempo e ogni luogo: lo proverebbe la valorizzazione dell’homo religiosus oggi messa in atto da
più parti. È una valorizzazione condivisibile se intesa come rivalutazione
piena di un alto e sublime sentire e non come riaffermazione egemonica delle
religioni rivelate o di questa o di quell’altra tra esse”.
Mi sembra, perciò, che de Duve abbia detto qualcosa di
rilevante per questa domanda quando afferma che il sentimento religioso potrebbe essere inciso nella selezione naturale.
Se si considerano le cose dal punto di vista della sopravvivenza della specie
umana, è chiaro che il sentimento
religioso ha dato un importante contributo alla coesione sociale e alla affermazione
di gruppi di individui, anche a scapito
della sopravvivenza dei singoli. Ma, se facciamo una valutazione sulla base
del numero di membri della specie umana nelle varie tappe della storia, è dubbio se il numero di individui
salvati grazie alla coesione sociale abbia compensato o no quelli deceduti
nelle guerre di religione. La popolazione della terra è considerevolmente
aumentata nell’ultimo secolo, certamente più
per merito della scienza che della religione. E, tuttavia, è vero che una
giustificazione materialistica, o fisicalistica, non basta a dar conto di tutto
questo, dato che principi etici, che presuppongono, anche negli atei
dichiarati, una connotazione comunque religiosa, si sono fatti strada
considerando i progressi della scienza, dal postulato di obiettività di Monod all’ispirazione internazionale e
pacifista della comunità scientifica.
La mia conclusione è che non è
vero che la religiosità sia importante per l’uomo perché conferisce coesione
sociale, e quindi come attributo vantaggioso nel corso della evoluzione
biologica, ma che sia un attributo fondamentale della
umanizzazione, della nascita del mondo
3 di Popper (per il mondo 3 di Popper, vedi al post precedente).
Questo è un caso particolare di
quella che mi sembra una regola generale. L’evoluzione culturale agisce anche in
contrasto con l’evoluzione biologica, sacrificando gli individui a
favore delle idee. Ci si è spesso domandati perché la specie umana è
l’unica a combattere vere e proprie guerre. La mia risposta è perché quella
umana è l’unica specie che ha una cultura, e i contrasti tra le idee sono più importanti dei contrasti per i bisogni
elementari degli individui in carne ed ossa.
Perciò, dal punto di vista della
selezione biologica degli umani non mi pare che la religione abbia importanza, mentre
ne ha moltissima dal punto di vista dell'evoluzione culturale. L’affermazione
di quei principi di solidarietà, altruismo e carità che possono salvare la vita
ai più deboli, potrebbe esercitare un’influenza sull'evoluzione della specie
umana, analoga a quella delle cure parentali. Ma, anche in questo caso, nella
storia dell’umanità spesso questi principi sono stati sopraffatti
dall’intolleranza e dal fanatismo degli integralisti, che hanno scatenato
guerre nelle quali i morti sono stati i più giovani e robusti.
Domande e Risposte
# 12
Domanda 12. Religione, spiritualità
(e, forse, le ideologie) possono essere considerati come fenotipi
aleatori e impermanenti ma trasmissibili (non necessariamente come carattere
dominante) ad ereditarietà di tipo lamarckiano con una qualche valenza
adattativa?
Risposta 12. Rispondendo alla domanda
precedente, ho affermato che va distinta la religione, come fattore di
coesione di gruppi sociali, dalla sua dimensione spirituale. Ribadisco che
considero che l’evoluzione culturale ha
luogo con un meccanismo darwiniano. Perciò credo che la religiosità e la
cosiddetta “spiritualità” siano pulsioni antropologiche fondamentali,
connesse
con l’identità stessa della specie umana, che perciò rappresentano un fortissimo
fattore di selezione. Diverso è il caso delle ideologie politiche, che sono generalmente selezionate da esigenze
che tendono a mutare nel tempo, così come fa l’ambiente sulla terra nei
riguardi delle specie biologicamente definite.
Prendiamo l’esempio del marxismo, che fu selezionato con entusiasmo dai lavoratori in un’epoca di sfruttamento inumano del cosiddetto
proletariato. Nel tempo, anche per merito dei movimenti politici ispirati al
marxismo, le condizioni dei lavoratori sono molto migliorate. Per di più, a
causa della sua logica lamarckiana,
la teoria ha prodotto regimi che hanno tradito le sue promesse. Perciò, al
giorno d’oggi, anche nei movimenti politici di sinistra il marxismo non è
affermato come ideologia principale di riferimento e anche la sinistra più
radicale, che non lo ripudia, sostiene che in passato sia stato male
interpretato. Mi pare che esista una analogia stretta con il meccanismo darwiniano della emergenza
di una specie e della sua decadenza. E comunque, se è vero che l’esistenza di
movimenti politici di ispirazione marxista ha portato a un miglioramento delle
condizioni dei lavoratori anche in paesi nei quali questi movimenti non si sono
affermati, e quindi alla riproduzione di più persone appartenenti a questa
classe sociale, credo che sia lecito dire che questa teoria, come altre, ha
avuto una valenza adattativa sulla specie
umana.
Si rifletta sul fatto che Marx ed Engels enunciarono una teoria
molto originale, analoga a una mutazione, frutto largamente della loro
immaginazione creativa. E il successo del marxismo non avvenne tanto perché
fosse privilegiato nella comunicazione (anzi, si può supporre che la
propagazione della teoria fosse ostacolata da coloro che la avversavano), ma
perché molti, e in vaste parti della terra, furono profondamente persuasi dal
suo messaggio, in analogia con la riproduzione dei geni.
Si può contestare la componente
libera e immaginativa che fu all’origine del marxismo, che fu preceduto da un
lato dal socialismo utopistico e
dall’altro dalla filosofia hegeliana. Ma anche nell’evoluzione biologica i geni mutati non emergono dal nulla e
derivano da altri geni. Perciò ribadisco il mio convincimento che l’evoluzione
culturale sia darwiniana.
Qualche parola sulle ideologie, che sono menzionate nella
domanda. Oggi è di moda prendersela con le ideologie considerate generalmente
ispiratrici di cattive azioni. È certamente vero che un sistema di idee
“chiuso”, da accettare o rifiutare in blocco, è un ostacolo a quella libertà di pensiero che è fondamentale
perché abbia luogo la evoluzione
culturale. Ma spesso, in questa polemica contro le ideologie affiora
un’ostilità verso le idee, che vengono considerate superflue e
da sostituire con il senso comune o con l’aderenza alla tradizione (da qui la
scarsa popolarità degli intellettuali). A parte il fatto che anche questa è un’ideologia, sono
convinto che senza idee l’umanità non possa avere un’evoluzione culturale e non
possa sviluppare la sua fondamentale caratteristica distintiva.
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