Uno dei più antichi documenti a proposito del “sapere” e del “vero” risale alla polemica a distanza tra il filosofo Eraclito (VI° secolo a. C.) e il poeta Esiodo, che era vissuto un secolo prima. In uno dei frammenti della sua opera giunti fino a noi Eraclito afferma:
Maestro della massa degli uomini è Esiodo:
pensano che egli sia sapiente più di qualsiasi altro, lui che non conosceva
nemmeno il giorno e la notte; sono in realtà una sola e stessa cosa (frammento 57).
Da
allora in poi, il dibattito su chi sia l’autentico depositario del vero – il
mito, la filosofia, la religione, l’arte, la poesia, la letteratura, la magia, la
scienza, l’estasi, ecc. – ha riempito milioni di volumi, senza che ciò abbia portato ovviamente a nessuna conclusione, anche perché - in fondo - che cosa sia il vero
nessuno lo sa.
La letteratura, quella cosa da cui molti di noi si lasciano ispirare quando fuori piove e non hanno niente di meglio da fare, è ricca di richiami sul tema del vero e sulla capacità della scienza di accedervi. Qui di seguito, alcuni passi in cui sono incappato recentemente:
E che cosa è la nostra pretensione di
conoscere il vero? Gli antichi s’immaginavano di conoscerlo al par di noi. Che cosa è lo stesso vero? Quali sono le verità
assolute quando non siamo punto sicuri che il venturo secolo non dubiti di ciò
che noi teniamo per certo? (Giacomo Leopardi, Zibaldone)
La scienza non è che una conoscenza immaginaria della verità
assoluta (Lev Tolstoj)
La scienza è l'asintoto della verità, si avvicina
incessantemente senza mai toccarla (Victor Hugo)
Che
cos’è la Verità? In materia di religione, è semplicemente l’opinione che è
sopravvissuta. In materia di scienza, è l’ultima sensazione. In materia d’arte
è l’ultimo umore di un singolo (Oscar Wilde)
“Che cosa è lo stesso vero?”, si
chiede dunque Leopardi. Per affrontare il tema, mi rivolgo fiducioso alla geometria e mi pongo
una domanda facile facile, sperando di arrivare presto a una soluzione.
Mi chiedo: che cosa c’è di
vero in un triangolo?
Questa domanda ne presuppone un’altra ancora più facile: che cos’è un
triangolo?
Nei manuali di geometria
il triangolo è definito come “un poligono che ha tre lati e tre angoli”.
Ma, mi chiedo, il triangolo esiste
in natura o è un concetto geometrico creato dell’intelletto? Guardandomi intorno, osservo che in natura
esistono triangoli di ogni specie.
Esistono rocce triangolari.
Vulcani triangolari.
Fiori triangolari.
E perfino animali con
forme triangolari.
Ma in tutti questi casi è la
nostra mente a definirli tali e lo fa attraverso operazioni di confronto e di associazione tra le forme naturali e quella del nostro triangolo concettuale. Ma in natura, di fatto, veri
triangoli non esistono.
Tra i manufatti, anche la nostra perfettissima
squadra da disegno è un’approssimazione (ottima peraltro) del nostro triangolo
concettuale.
Dunque, quando diciamo “triangolo”
a quale verità ci riferiamo? Ci riferiamo agli oggetti che hanno
quella particolare forma o piuttosto alla forma ideale elaborata dal nostro
intelletto?
Il Demonio, si dice, è nei
dettagli. E la verità, aggiungo, è una cipolla a più strati.
Cerco di spiegarmi meglio. Pensiamo,
per esempio, alla sedia sulla quale siamo seduti. La vediamo, la tocchiamo. Sembra
vera. È lì da anni, è fatta di un buon legno robusto, sostiene magnificamente il
nostro peso.
Ma se sfogliassimo la cipolla,
vale a dire se strato dopo strato scendessimo ai livelli costitutivi della
materia di cui la sedia è fatta e arrivassimo fino al livello atomico, forse allora
la nostra sedia ci apparirebbe così.
E se sfogliassimo ancora la cipolla
fino al livello delle forze elementari e dei rispettivi campi energetici fluttuanti
forse la nostra sedia ci apparirebbe in un altro modo ancora.
Quale sedia, dunque, è quella
vera? "Tutte!", avrebbe esclamato Eraclito, ma ognuna è “vera” al suo particolare livello, tenendo
inoltre conto che ciascuna di quelle sedie è una nostra rappresentazione concettuale
costruita sulla base di ciò che ci rimandano i nostri strumenti di osservazione
(gli occhi, il microscopio, gli strumenti di analisi della materia, i modelli
della fisica teorica). Per dire a quale verità o a quale “vero” ci si
riferisce, bisognerebbe prima specificare a quale strato della cipolla (in
questo caso a quale livello di organizzazione della materia) si fa riferimento.
Certo è che un vero che si muove
liberamente e contemporaneamente su diversi livelli è un vero che si fa
sfuggente e sdrucciolevole, senza dimenticare che il “vero” di un oggetto o di
un di un concetto non è una sua proprietà intrinseca, bensì una qualità
arbitrariamente assegnatagli dal nostro intelletto attraverso sue proprie
operazioni mentali. L’oggettività di giudizio sul vero – vale a dire la
condivisione del giudizio da parte di più menti – non rende il vero più vero.
Ma torniamo ai nostri triangoli e affrontiamo un secondo problema. Per farlo, applichiamo al nostro triangolo – un triangolo rettangolo in questo caso – il ben noto teorema di Pitagora il quale afferma che
in ogni triangolo rettangolo l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti.
Già alle scuole medie il teorema
di Pitagora ci veniva dato per “vero”. E in effetti ci sono diversi modi
geometrici (oltre a quelli empirici) per dimostrare la verità del suo enunciato.
Osservando la
figura qui sopra, si vede che l’area del quadrato il cui lato corrisponde a lato lungo
(ipotenusa) del triangolo giallo equivale alla somma delle aree dei quadrati
il cui lato corrisponde ai lati corti (cateti) triangolo giallo medesimo.
Il teorema
di Pitagora, dunque, è “vero”.
Ed ora, dopo
tutto ciò, la questione conclusiva.
Mettiamola in
questi termini. Se il teorema di Pitagora è “vero”, vuol dire che il suo
enunciato descrive una “legge di natura” inerente al triangolo stesso.
Ma come fa una legge di natura ad essere parte costitutiva di un oggetto che
in natura non esiste? E come ha fatto l’intelletto umano a concepire un oggetto
ideale che contiene una legge costitutiva interna che lo stesso intelletto ha
scoperto solo molto tempo dopo aver ideato l’oggetto medesimo? E non
ditemi che è la stessa storia dell’uovo e della gallina.
Bene, con
questa domanda insoluta in mente non so se questa sera riuscirò a prendere
sonno come vorrei.