Le relazioni tra scienza e democrazia sono complesse e delicate. Decidere se la scienza sia o meno democratica è una questione resa particolarmente complicata da che cosa ciascuno intende per scienza e, ancora di più, da che cosa intende per democrazia.
In tempi recenti, in Italia e non solo, il dibattito si è inasprito quando la scienza e la democrazia sono state investite dall’ondata di pseudoscienza e di pseudodemocrazia cavalcata da no-vax e simili. Quando Roberto Burioni afferma che “la scienza non è democratica perché la velocità della luce non si decide per alzata di mano” (cosa peraltro ineccepibile), finisce per inasprire ulteriormente un dibattito che andrebbe calmierato e razionalizzato piuttosto che muscolarizzato.
Dibattito muscolarizzato |
Affronterò questo tema in due post assai diversi tra loro ma entrambi disposti su un versante che si
potrebbe etichettare come “istituzionale”, mostrando come istituzioni grandi
e piccole affrontano il tema e quali risultati
possono concretamente ottenere. Il primo post è
dedicato agli sforzi di “democratizzazione” dei progetti di ricerca finanziati dalla Comunità
Europea attraverso il programma Horizon Europe. Il secondo post sarà dedicato
ai progetti cosiddetti di “Citizen Science” (scienza partecipata), che vedono
una effettiva e concreta inclusione del cosiddetto “basso”.
PARTE PRIMA. MISSION POSSIBLE
(?)
Per una ricerca europea
“indirizzata dal basso”. La nuova visione di Horizon Europe.
Sulla carta e nelle
dichiarazioni di intenti, Horizon Europe sembra sempre più orientata a
includere il coinvolgimento dei cittadini nella scelta dei programmi di ricerca
da finanziare. Il problema è che gli interessi economici generati dalla portata dei
finanziamenti e la struttura assai pesante con la quale la Comunità
Europea gestisce programmi e processi potrebbero essere un grave ostacolo alla realizzazione delle buone intenzioni. Alla luce di ciò ci si potrebbe chiedere se dietro le nuove
parole d’ordine ci sia davvero del nuovo e se questo "nuovo" sarà davvero
realizzabile.
A guidarmi in questa ricognizione
sono le parole di Mariana Mazzucato – docente di Economia dell'Innovazione presso
l’University College di Londra – che ha recentemente redatto un Rapporto per la
Comunità Europea in cui si delineano obiettivi e raccomandazioni a favore di
una maggiore inclusività dei cittadini nei progetti di ricerca europei.[1]
Nell'introdurre il tema, la Mazzucato usa parole semplici, chiare, dirette, non suscettibili di interpretazioni personali e per nulla scontate, quasi rivoluzionarie, quando vengono
espresse – se pur in veste di consulenza – in contesti istituzionali dal peso
politico rilevante com’è quello della Comunità Europea.
«I cittadini devono essere
direttamente coinvolti nella formulazione delle ricerche effettuate nell’ambito
dei progetti di Horizon Europe. Il modo in cui i giovani e gli studenti hanno
spinto l'emergenza climatica in cima all'agenda politica dimostra che esiste
una forte spinta verso il coinvolgimento democratico delle scelte … È
necessario che i cittadini siano coinvolti nella formulazione degli indirizzi
di ricerca evitando che questi siano imposti dall’alto».
Mariana Mazzucato, University College di Londra |
Se in precedenza, afferma la
Mazzucato, la maggior parte dei fondi messi a disposizione dal programma Horizon
sono stati erogati grazie a processi decisionali imposti dall'alto favorendo
i settori in grado di far sentire con maggiore forza la propria voce, d’ora in
poi gli indirizzi di ricerca da finanziare dovranno vedere una maggiore
partecipazione “popolare”, vale a dire "dal basso". Lo strumento per realizzare
questo principio di democrazia partecipativa è l’istituzione di Consigli di
Missione che includano rappresentanti degli utenti finali dotati di potere
consultivo e propositivo. Tali Consigli di Missione avranno tra i loro compiti
anche quello di consultare preventivamente i cittadini, attraverso mezzi di
consultazione online, sulle proposte avanzate riguardo gli indirizzi di ricerca
da finanziare.[2]
Al di là delle nobili intenzioni, l’utilizzo di piattaforme per la consultazione online dei cittadini (quella più nota in Italia è la piattaforma Rousseau del Movimento 5 Stelle) pone serie questioni metodologiche sulla selezione, la formazione e il periodico rinnovamento del campione di cittadini rappresentativo della partecipazione “popolare”. Rimane poi ancora troppo nel vago in che modo i cittadini possono partecipare alla formulazione e alla scelta dei progetti e quale sarà il loro coinvolgimento, nonché il loro potere, nella fase di revisione, controllo e monitoraggio dei progetti.
Al di là delle nobili intenzioni, l’utilizzo di piattaforme per la consultazione online dei cittadini (quella più nota in Italia è la piattaforma Rousseau del Movimento 5 Stelle) pone serie questioni metodologiche sulla selezione, la formazione e il periodico rinnovamento del campione di cittadini rappresentativo della partecipazione “popolare”. Rimane poi ancora troppo nel vago in che modo i cittadini possono partecipare alla formulazione e alla scelta dei progetti e quale sarà il loro coinvolgimento, nonché il loro potere, nella fase di revisione, controllo e monitoraggio dei progetti.
Tener conto delle priorità indicate dal basso |
Le raccomandazioni presentate nel
documento della Mazzucato affrontano le varie questioni che riguardano il coinvolgimento
dei cittadini, la promozione dell’interdisciplinarietà dei progetti, le
modalità di selezione dei progetti di ricerca e dei “project leader”, lo
snellimento delle burocrazie, la promozione di progetti d’utilità pubblica e quella
dei finanziamenti a lungo termine.[3]
Le raccomandazioni contengono
numerosi termini che inducono a un cauto ottimismo. Tra questi: “stimolare l’innovazione”,
“rimuovere le barriere”, “consultazione dei cittadini”, “target-oriented”, “nuovo
modo di lavorare”, “nuova visione”, “maggiore flessibilità e integrazione”, “nuovi
quadri di riferimento”, “strumenti e metodi che vadano oltre la semplice
valutazione dei costi-benefici”, “coordinamento dei finanziamenti regionali e
nazionali”, “piattaforme di cofinanziamento orientato al successo dei progetti”,
“sperimentazione dei progetti promossi dal basso”, “non temere il ruolo
cognitivo dell’errore”, “promuovere le sinergie”, “evitare doppioni”.
Tuttavia, è proprio questo profluvio
di buone intenzioni e di termini banalmente innovativi a far sorgere i più atroci
e dolorosi sospetti. Sarà davvero in grado Horizon Europe di tradurre in fatti
queste belle parole?
Ma altri e più sottili dubbi mi assillano.
Le piattaforme di consultazione online sono davvero strumenti in grado di
soddisfare le esigenze di un controllo della ricerca esercitato dal basso?
Quale genere di “basso” è legittimato ad esercitare il controllo sugli
indirizzi di ricerca di rilevanza europea? Il controllo fino ad ora esercitato dalla
politica rappresentativa (partiti, parlamenti, associazioni di consumatori, sindacati)
ha fallito o è meno affidabile rispetto a quello teoricamente esercitato in
maniera diretta da una non meglio chiarita democrazia partecipativa?
Prima di partire lancia in resta
con innovazioni basate su tutta una serie di “parole d’ordine” non troppo originali,
forse bisognerebbe rispondere a queste ultime questioni.
Ad ogni modo, di fronte alle buone intenzioni dichiarate incrociamo le dita e monitoriamo gli eventi.
Ad ogni modo, di fronte alle buone intenzioni dichiarate incrociamo le dita e monitoriamo gli eventi.
[1] Mariana Mazzucato. Governing
Missions in the European Union. Commissione Europea, luglio 2019. https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/research_and_innovation/contact/documents/ec_rtd_mazzucato-report-issue2_072019.pdf
[2] Le
piattaforme per la consultazione online dei cittadini sono due, già utilizzate
in precedenza con scopi simili: VOICES (https://www.ecsite.eu/activities-and-services/projects/voices)
e CIMULACT (http://www.cimulact.eu/).
[3] L’intero
documento con le 17 raccomandazione è scaricabile dall’URL https://ec.europa.eu/info/publications/governing-missions-governing-missions-european-union_en